AUT Magazine

40 anni di pride attraverso il cinema

di Luca Ragazzi
Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 del primo Pride italiano e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Ripercorriamo insieme i film più significativi per la comunità.
Pride!
Stonewall

Come molti sanno bene, la parata dell’orgoglio omosessuale viene celebrata nel mese di giugno, in memoria degli scontri che ebbero luogo allo Stonewall Inn, un bar gay in Christopher Street  nel Village di NYC.  Fu la prima ribellione pubblica di persone LGBT (molte le drag queen) e avvenne la notte del 28 giugno del ‘69. la donna transessuale Sylvia Rivera, che lanciò la prima bottiglia contro i poliziotti, è divenuta il simbolo di quella notte di scontri.

C’è un film americano del 2015 che si chiama proprio Stonewell e lo racconta bene (e la regia inaspettatamente è di quel Roland Emmerich noto per disaster movie come Indipendence day e Godzilla).

Da noi ci sarebbe voluto ancora qualche anno prima che si potesse parlare di “orgoglio gay”, anzi, la parola gay sarebbe arrivata molto dopo. A quel tempo ancora si usava omosessuale, se non termini più offensivi come frocio, invertito o un po’ altisonanti come “pederasta”.  A Torino il collettivo F.U.O.R.I. aveva già organizzato delle azioni rappresentative, ma si trattava sempre di piccole delegazioni. 

Nel 1989, non ancora ventenne, mi trovavo per caso a Milano. Ricordo ancora l’emozione e l’imbarazzo quando in Piazza della Scala riconobbi una sparuta manifestazione di omosessuali, circa un centinaio. Gridavano slogan come “gli omosessuali esistono e hanno gli stessi diritti di tutti gli altri”. Erano veri pionieri. Ancora oggi quando c’è un Pride, vedi sempre quelli che preferiscono stare sul lato, con gli occhiali da sole, pronti a nascondersi dietro un cespuglio alla vista di una telecamera.  Si sa, da noi c’è sempre una vecchia zia in Puglia che potrebbe rimanerci male se lo venisse a sapere.  Provai molta ammirazione per quei ragazzi e un po’ di invidia per il loro coraggio.

Sono passati 30 anni dal primo vero e proprio Gay Pride italiano. Si svolse nel 1994, a Roma, organizzato dal Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli con l’accordo dell’Arcigay.. Alla marcia parteciparono oltre diecimila persone e vi presero parte esponenti del Partito Radicale e dei verdi tra cui l’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli.

Abbiamo fatto passi da gigante da quel ’94 e il cinema e la televisione, da sempre specchio della società, lo hanno saputo raccontare bene. Anzi, talvolta, è lecito pensare che abbiano aiutato il dibattito, mostrando quantomeno modelli diversi da quelli veicolati dalle barzellette e, nel migliore dei casi, traghettando il paese verso il progresso. Se fino ad allora gli omosessuali venivano raccontati come personaggi patetici, soli, tristi e aspiranti suicidi, oppure costantemente stravaganti, macchiettistici e sopra le righe,  se non addirittura perversi serial killer, le cose adesso cominciavano a cambiare. Già nel 1999 la serie televisiva di enorme successo trasmessa sul primo canale della TV nazionale e intitolata Commesse, vedeva tra i protagonisti il bravo Franco Castellano nel ruolo del commesso di un negozio del centro che non faceva mistero con le sue colleghe del suo orientamento, ne’ delle tribolazioni amorose che stava passando con il suo fidanzato che lo aspettava a casa per cena. Certo, all’estero stavano già vedendo Queer as folk, o Will and Grace, ma insomma, non si può pretendere troppo, non saremmo l’Italia, no?

Nel 2001 è la volta del film Le fate ignoranti diretto da Ferzan Özpetek, con Margherita Buy e Stefano Accorsi. Lui è gay e ha una storia d’amore col marito di lei, signora borghese che ci mette un po’ a farsene una ragione, ma alla fine capisce. Il film ha un successo strepitoso e per la prima volta non è un fenomeno di nicchia ma porta in sala sia il pubblico omo che eterosessuale. 

Nel frattempo, non va dimenticato, in concomitanza con il giubileo del 2000, Arcigay rinunciò a organizzare il suo Pride a favore del World Pride in preparazione a Roma da parte del Circolo Mario Mieli. La dura battaglia messa in atto dal Vaticano affinchè nella città santa non avesse luogo una manifestazione di quelli che loro evidentemente considerano dei degenerati, sortì l’effetto contrario: tutte le organizzazioni LGBT si compattarono e il World Pride di Roma dell’8 luglio 2000 vide una partecipazione record per l’Italia, stimata in oltre 500 000 persone (ma si pensa fossero molte di più). All’evento presero parte molte superstar care all’universo LGBTQI+ tra cui l’icona assoluta Gloria Gaynor, che con la sua Hit I will Survive ha fatto sudare centinaia di avventori della Muccassassina,  la Drag queen RuPaul e Geri Halliwell, transfuga delle Spice Girl. 

Nel corso di questi 24 anni la figura dei gay e delle lesbiche in Italia è andata via via diventando più “potabile”. A volte anche di moda. Si sa che i veri omofobi esordiscono sempre dicendo “non ho nulla contro i gay anzi, ho pure amici con cui vado a cena”.  Diciamo, per dirla con un eufemismo, che non facciamo più paura a nessuno. Siamo un target e questo nella società capitalistica fa anche comodo. Non mi pare che ci sia un Pier Paolo Pasolini a rompere le uova nel paniere.  Il gay (soprattutto l’uomo, per la donna dovremo aspettare ancora un po’) è diventato una presenza fissa nei talk show, nei reality, nei varietà del sabato sera.  E’ portatore di una sana dose di sarcasmo, di irriverenza e di ironia. E’ adorato dalle donne che lo vorrebbero come amico e shopping advisor, e tutto sommato tollerato dai maschi etero che si sono fatti finalmente una ragione per il fatto che a noi non piace vedere la partita in TV e fare la gara di rutti insieme a loro. Poi magari ci sono le eccezioni ma non fanno statistica.

In questi due decenni sono stati tantissimi i film per il grande pubblico che hanno raccontato bene le nostre storie d’amore, capolavori come Happy Together (1997) del cinese Wong Kar_wai  o Brokeback Mountain, del taiwanese Ang Lee, del 2005 o ancora il francese  la vie d’Adèle, del 2013, che racconta come mai prima l’amore travagliato tra due ragazze, poi c’è stato Chiamami col tuo nome  nel 2017 che ha lanciato Luca Guadagnino nell’empireo Hollywoodiano e ha commosso mezzo mondo. Ci sono stati anche film che hanno raccontato proprio il Gay Pride, la battaglia per i diritti, e aimé anche la piaga dell’AIDS. Penso a titoli come Milk, un film biografico del 2008 diretto da Gus Van Sant, (non serve qui che ricordi il contributo di questo regista alla storia del cinema gay) sulla vita di Harvey Milk, primo gay dichiarato ad essere eletto ad una carica politica negli Stati Uniti, a San Francisco nel quartiere di Castro. Il protagonista che dà il titolo al film, famoso per le sue lotte per i diritti della comunità, è interpretato da Sean Penn, che per questo ruolo vinse l’Oscar. Chissà, magari è grazie a lui se da noi 40 anni dopo è stato possibile avere un Niki Vendola per due volte governatore della Puglia. 

Improvvisamente l’inverno scorso

Nel frattempo nel nostro paese si era cominciato a parlare seppur timidamente di fare una legge per le unioni civili. Non un matrimonio ugualitario, figurati! Per quello dovremo ancora aspettare chissà quanto, ma una cosa più blanda. Ne discuteva il Governo Prodi nel 2007. Fu a quel punto che il mio compagno da lungo tempo mi esortò ad armarci di videocamera e documentare quello che succedeva dentro l’aula della commissione giustizia del senato, incaricata di mettere a punto un disegno di legge chiamato Di.Co. acronimo di “doveri e diritti dei conviventi”. Dopo mesi di sterili discussioni e manifestazioni di piazza a favore o contrarie a questa legge, il governo cadde (ma dai? Cosa rara dalle nostre parti) e della simil unioni civili non se ne fece nulla. Il nostro film documentario, intitolato Improvvisamente l’Inverno Scorso, divenne così la cronaca dell’ennesima occasione mancata. Per tre anni girammo il mondo ospiti di festival, il nostro piccolo film autoprodotto ebbe un successo insperato, una menzione speciale al festival di Berlino, il Nastro d’Argento e non so più quanti premi, Persino Amnesty International ci insignì della targa di attivisti dell’anno, consegnataci dalla principessa d’Olanda in persona. Nella locandina io e Gustav, il mio compagno, eravamo nel letto di casa nostra intenti a leggere. In giro per il mondo tutti coglievano la citazione al cinema francese di François Truffaut, tranne da noi, dove pesavano fosse un richiamo a Sandra e Raimondo. Ma quello che voglio dire è che quell’immagine, creò non pochi problemi: addirittura un automobilista scrisse che stava rischiando un incidente per averla vista affissa su un muro. Quella che per noi era la cosa più normale del mondo, ovvero la nostra camera da letto, per altri poteva essere offensivo della morale (sic!). In effetti per molte persone l’omosessualità altro non è se non quella cosa che succede in camera da letto, pertanto, secondo loro, in un paese cattolico, è giusto che rimanga nella sfera del privato. Noi invece volevamo rendere pubblico il nostro privato e farne uno statement . Ogni sera la sala era gremita di giovani queer che ci ringraziavano per aver potuto finalmente avere un modello positivo a cui fare riferimento. Abbiamo cominciato a ricevere mail di giovani che ci dicevano di aver fatto vedere il film ai loro genitori e aver colto l’occasione per fare il coming out con loro. Adesso i giornali, se parlavano di qualcosa inerente temi LGBTQI+ non usavano più una foto di un film di Almodovar ma potevano usare la foto del nostro film. Si era così dato corpo ad un’astrazione. Qualcosa che prima non aveva una faccia, adesso ce l’aveva, e non faceva più così paura. In qualunque nazione andassimo a presentare il nostro film, scoprivamo che lì da loro la legge per il matrimonio ugualitario era stata fatta, noi avremmo dovuto aspettare il 2016 perché il governo Renzi ci facesse la grazia di poterci almeno unire civilmente. 

Negli anni a seguire abbiamo visto la società italiana cambiare. Molti coming out di personaggi famosi come Tiziano Ferro, Paola Turci, Gianna Nannini (finalmente!) Gabriel Garko e Eva Grimaldi hanno contribuito notevolmente a far capire che siamo tanti e siamo stanchi di essere invisibili. 

C’è un piccolo film italiano dal titolo  Come non detto (2012) per la regia di Ivan Silvestrini. Il protagonista Mattia ha deciso di dire ai suoi genitori di essere gay e fa le prove davanti allo specchio come in un romanzo di Raymond Queneau , provando tutti gli stili diversi del suo coming out, dal disinvolto, al volgare al drammatico allo scanzonato. Quando finalmente durante una cena la televisione sta passando immagini del Pride lui coglie la palla al balzo e dice: “Mamma, sono Gay!” ma la madre, una Monica Guerritore perfetta nel ruolo, senza neanche capire cosa il figlio voglia dire, ribatte: “Si amore, sono tutti gay. Poverini, guardali…”. 

Pride!

Pride è un film inglese del 2014 diretto da Matthew Warchus. In occasione del Gay Pride di Londra del 1984 Mark Ashton, giovane attivista gay e membro della Young Communist League, ha l’idea di raccogliere fondi per sostenere lo sciopero dei minatori, vittime dalle politiche scellerate della premier Margaret Thatcher. Ha l’intuizione di unire le forze e di chiedere sostegno ai lavoratori in lotta. Così dà vita al gruppo “Lesbians and Gays Support the Miners” (LGSM). E’ ispirato ad una storia vera. Non sono sicuro che da noi potrebbe funzionare una sinergia tra comunità LGBTQI+ e, che ne so, operai cassintegrati dell’Ilva, ma mai dire mai. 

120 battiti al minuto

Un altro film importante è stato 120 battiti al minuto del 2017 scritto e diretto dal francese Robin Campillo. Ambientato nei primi anni novanta, periodo storico in cui gli attivisti di Act Up-Paris, collettivo parigino, vogliono richiamare l’attenzione sui malati di AIDS contrastando una società convinta che ad ammalarsi siano solo omosessuali e drogati (da noi sono ancora tanti a pensarlo). 

Per molte persone, il Gay Pride, oggi solo Pride, è una carnevalata inutile e di cattivo gusto. La chiamano ostentazione inutile, esibizionismo. La responsabilità è dei mass media, che continuano volutamente a veicolare l’immagine del Pride come di una succursale del carnevale di Viareggio, pubblicando sulle pagine dei quotidiani o mostrando al TG delle 20 le immagini più “eccessive”. Si perde così ogni volta l’occasione di parlare di diritti negati, di razzismo verso le persone trans, dell’esigenza impellente di istituire l’educazione sessuale nelle scuole (e se vi fa tanto paura la parola sessuale chiamatela educazione sentimentale, basta che facciate qualcosa!). Insomma, la strada è ancora lunga ma si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel. Magari verrà il giorno in cui anche l’Italia sarà un paese normale.

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Ali Bravini
Di poliamore, neurodivergenze e salute mentale

Conversazione corale tra Chiara Tesei, Ali Bravini, Elena Incatasciato sui tabù nelle relazioni.

Michela Andreozzi
E se non voglio essere madre?

Essere donna prima di essere madre. Decidere di NON avere figli è ancora un tabù. Dalla discriminazione alla scelta: il percorso verso una vita senza maternità raccontato dalla sagace penna di Michela Andreozzi.

Egizia Mondini
L’editoriale: quali sono i tabù di oggi?

Quello che è tabù per uno può essere pregiudizio per un altro. Quando apriamo il barattolo e dobbiamo decidere cosa metterci dentro, le diverse prospettive emergono e diventano esse stesse un interessante spunto di riflessione e confronto. 

Alessandro Michetti
Il porno è ancora un tabù?

La vergogna è il braccio armato dei tabù, che a loro volta sono l’impalcatura che tiene in piedi uno dei dogmi più insidiosi e castranti che esistano: la sacralità del sesso. Intervista ad Alice Scornajenghi, creatrice dell’acclamata fanzine erotica Ossì, spazio per una narrativa porno di qualità.

Raffaella Mottana
Soli

Il tema tabù coinvolge anche la questione delle nuove coppie: troppie, coppie aperte, poliamoros*. E proprio a questo è ispirato questo racconto. Un altro frutto della collaborazione con Accento Edizioni con i suoi promettenti, brillanti giovani autori. 

Francesco Ferreri
Tabù, tra paura e controllo

Il potere dei tabù: strumenti sociali di controllo e l’influenza infettiva all’interno dei gruppi, anche lgbtqia+.

Giulia Paganelli
Corpi grassi: tabù e identità nella comunità LGBTQIA+

Grassofobia: la battaglia contro gli stereotipi nella comunità LGBTQIA+, nell’era di Sam Smith.

Ali Bravini
Basta un pezzo di carta (?)

Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

Alessia Laudoni Moonday_yoga
Mappe corporee: un viaggio affascinante di connessione e consapevolezza 

Chakra e identità, la connessione tra corpo e spirito è un viaggio di consapevolezza e integrazione che porta allo svelamento del proprio sé al resto della comunità.

Livia Patta
Una mappa verso il Sé: le costellazioni familiari

Accettazione e identità, liberando il passato e imparando dal lessico familiare. Il potere dei legami relazionali cambiano vite, costruiscono comunità, generano galassie.

Luca Ragazzi
Guida per orientarsi nelle piattaforme on demand

Se parliamo di mappe per orientarsi, allora sappiamo bene quanto possa essere utile una guida per non perdersi nei meandri labirintici e infiniti dei film a tematica lgbtqia+ delle library delle piattaforme on demand. Questa la nostra.

Alessandro Michetti
Via Balilla, è così che dovrebbe andare il mondo

Esplorando uno dei quartieri più accoglienti della comunità LGBTQIA+ a Roma, protagonista del documentario “Noi qui così siamo” di Maurizio Montesi.

Collettivo “La Gilda del Cassero”
Geografie queer dal pianeta nerd

La Gilda di Bologna da anni promuove i giochi da tavolo come strumento di impatto sociale e politico per le persone LGBTQIA+, battendosi per una giusta rappresentazione e decolonizzazione degli immaginari ludici.

Mohamed Maalel
Palermo è la mappa del mio corpo

Un diario pieno di coordinate alla ricerca di ricordi, aspettative e identità, nella capitale più LGBTQIA+ della Sicilia. Il racconto intimo e personale di un pugliese, per metà tunisino, che lascia la sua terra per un posto tutto nuovo: la Palermo di oggi.

Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

Aldo Mastellone
Comunità trans nello sport: quando rendersi visibili è rivoluzione

La situazione delle persone LGBTQIA+ nello sport agonistico. Intervista a Guglielmo Giannotta, Presidente di ACET, Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere.

Ambra Angiolini
Come la politica e l’economia sfruttano la nostra invisibilità

Far tornare le nostre diverse identità gli unici luoghi davvero interessanti da visitare, è la rivoluzione che dobbiamo mettere in atto.

Francesco Lepore
Sacerdoti omosessuali al bivio

Da una voluta invisibilità al bisogno di coming out. Anche in Vaticano.

Daniele Coluzzi
L’omosessualità nella letteratura italiana: una storia di invisibilità

Da Michelangelo a Tasso, come gli artisti hanno usato le loro opere per celebrare i propri amori.

Paolo Di Lorenzo
Il “cucciolo” che spaccò l’America in due

Il coming out di Ellen DeGeneres e una Hollywood piena di armadi che non fu più la stessa.

Loredane Tshilombo
Black Queerness: quando sei abituato a essere invisibile

Nella presunta visibilità queer conquistata c’è l’invisibilità delle persone non bianche: il dibattito politico e la sfida del rispetto sociale in una società che riesce a convivere con più di venticinquemila persone black and brown morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni.

Luca de Santis
Come sta cambiando l’identità fascista

I simboli nostalgici si legano a felpe alla moda, gli smartphone branditi al posto di bibbie e crocifissi, spariscono le divise militari scoprendo corpi muscolosi e cappelli di pelliccia. “Etero Pride”, “All lives metters”, “Libertà di essere madri”: i nuovi fascisti si appropriano dei nostri riferimenti e delle nostre parole, per mostrarsi più accettabili ma mantenendo gli strumenti di sempre: violenza e oppressione.

Luca Ragazzi
Quando il cinema queer era invisibile, o quasi

Veloce rassegna dei film italiani che hanno contribuito alla lotta per i diritti LGBTQIA+.

Matteo Albanese
Bisessualità: un orientamento doppiamente al margine

Secondo la comunità gay e lesbica, i bisessuali sono uomini gay velati e le bisessuali donne etero opportuniste. Secondo la società eterosessuale le persone bisessuali sono ingorde e insaziabili a livello sessuale, più portate alla promiscuità e alla non-monogamia. Non c’è da stupirsi che il pensiero bisessuale sia praticamente sconosciuto in Italia. Più invisibilità di così…

Mohamed Maalel
Non sono più un uomo

Un racconto inedito che parla di multiculturalità, identità, invisibilità.

Ali Bravini
Fuori dai binari: una prospettiva che sfida le convenzioni di genere

Se un Dio esiste è sicuramente non binario. Allora chi siamo noi umani per pretendere di doverci descrivere come maschi o femmine? E’ necessario restituire consistenza a prospettive invisibilizzate da un binarismo imposto che da secoli caratterizza la nostra cultura e spesso anche la visione della nostra comunità LGBTQIA+.

Roberto Gualtieri
40 anni di storia nella città di Roma

L’obiettivo dell’Amministrazione romana è quella di rendere la città sempre più accogliente, giusta e in ascolto. Una sfida che deve essere vinta assolutamente.

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
The Luxurian Age of Muccassassina

Intervista a Vladimir Luxuria, ex direttrice artistica di Muccassassina. Per scoprire come nasce un mito.

Antonia Caruso
In questa notte tutte le vacche sono gay

Chissà se a Mario Mieli avrebbe fatto piacere diventare mariomieli, martire, eroina, poeta e anche stencil. Antonia Caruso ha tratteggiato per noi un suo personalissimo ritratto, irriverente, ironico, punk, di quel Mario Mieli di cui portiamo il nome da 40 anni. Un Mario Mieli eccessivo ma mai eccedente. 

Monica Cirinnà
Unioni civili, divisioni politiche

Più che il percorso di una legge, un’epopea omerica, fatta di insidie, tradimenti e successi che alla fine hanno portato al (desiderato?) approdo. A ripercorrerlo insieme a noi è Monica Cirinnà.

Mario Colamarino
Il Mario Mieli è di nuovo Aut

Il Magazine del Circolo è tornato in circolazione, stavolta on line. Il Presidente del Circolo Mario Mieli, in veste di editore, ci spiega la spinta che ha portato a questo ritorno.

Isabella Borrelli
Si è fr**i anche per il culo degli altrə

Chi era Mario Mieli? L’intellettuale, il filosofo, lo scrittore, l’avanguardista? A proporci una sua rilettura è Isabella Borrelli, attivista lesbofemminista intersezionale.

Vanni Piccolo
Da AMOR al Mieli

Il Circolo Mario Mieli secondo Vanni Piccolo, presidente dal 1984 al 1990.

Deborah Di Cave
La storia di un circolo a cui devo anche un po’ la mia

La prima presidentessa nella storia del Mario Mieli ci racconta il suo Circolo.

Sebastiano Secci
Pride e Resistenza

Era il 2019 e gridavamo: chi non si accontenta lotta. A raccontarcelo, l’allora presidente Sebastiano Secci.

Rossana Praitano
Anniversario di rubino

Rosso come il rubino simbolo di quest’anniversario e come la passione per l’attivismo politico della ex presidentessa Rossana Praitano

Emiliano Metalli
Teatro di lotta: Norme, Traviate e Mieli on stage

Una retrospettiva su Mario Mieli drammaturgo. Perché sì, fu anche questo.

Emiliano Metalli
Mario Mieli autore, regista, costumista, scenografo, truccatore: qualcosa di magico

Osserviamo Mario Mieli attraverso la lente del teatro: una figura di intellettuale complesso, agitatore culturale, politico dissacrante, controcorrente, avanguardista, spesso inarrivabile e in anticipo su temi e metodologie. 

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