Come trasformare una festicciola tra amici, sincera e naïve, nel party più copiato, amato e desiderato dell’orbe terraqueo? A raccontarci l’evoluzione di Muccassassina in icona non può che essere lei: Vladimir Luxuria. Siamo andati a trovarla nel suo studio al Pigneto e ci ha raccontato tutto. Mettetevi comodi.
Ci sono prodotti che nella storia sono diventati talmente famosi da trasformare il loro nome commerciale nell’incarnazione della categoria stessa. Una Coca Cola è sinonimo di qualsiasi bevanda gasata dal colore brunastro, lo Scottex dei panni di carta, il Rimmel di una pasta per colorare le ciglia e Muccassassina di mega-fanta-giga party lgbtqi+. Certo, è vero, chiunque degli organizzatori vi dirà che il merito del suo successo trentennale (e sì, tempus fugit…) è distribuito equamente tra le centinaia di persone che negli anni hanno contribuito al suo allestimento settimanale ma colei che ha realmente trasformato una festicciola sincera e naïve nel party più copiato, amato e desiderato dell’orbe terraqueo è Vladimir Luxuria. In occasione dei 40 anni dalla fondazione del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli (che per chi non lo sapesse è l’associazione organizzatrice di Mucca) siamo andati a cercarla per farci raccontare l’esegesi di questo evento che ormai oscillante tra i racconti mitici di Gilgameš e gli amarcord di felliniana narrazione.
Vladimir ci dà appuntamento al Pigneto (che per chi non conosce Roma è tipo una Isola di Milano, che per chi non conosce Milano è un quartiere borghesemente definibile come bohémien). Qui ha uno studio piano strada proprio sotto il suo appartamento “era una pizzeria, vi potete immaginare il casino tutte le sere. Durante la pandemia ha chiuso e io l’ho presa io, così niente più rumore”, ci racconta con mefistofelica soddisfazione.
Prima di iniziare l’intervista ci mostra il suo sancta sanctorum: un ambiente dove sono custoditi molti dei suoi roboanti outfit. Per ognuno c’è una storia, un evento, una battaglia da raccontare, per tutti sarebbe necessaria una retrospettiva all’Ara Pacis come fecero per Valentino, il che non è ancora detto non si possa organizzare. Ci accomodiamo di fronte a lei, appoggiamo il cellulare sul tavolo, premiamo rec, Vladimir tende la giacca che indossa, si schiarisce la voce e inizia il canto.
Raccontaci, da dove sei partita e come sei arrivata al Mario Mieli?
Io sono foggiana, avevo cominciato nella mia città aprendo un piccolo locale, che poi chiamarlo locale… era una specie di cantina che chiamava Dirty Dicks. Avevo un gruppo di amici “allegri” con cui organizzavamo delle serate però, io avevo negli occhi e nel cuore la grande città. Quindi con la scusa dell’università dissi ai miei che volevo andare a Roma e a 20 anni arrivo qui. Dopo poco tempo vengo a conoscenza di questo circolo di cultura omosessuale, il Mario Mieli, quindi arrivo lì, emozionata, immaginavo un mondo nuovo… entro è la cosa che mi ricordo è una goccia d’acqua che mi cade in testa. Alzo gli occhi e vedo il tetto mezzo sfondato, poi mi guardo in giro e noto un po’ di secchi in giro, insomma tutto un po’ sgarrupato e molto diversa dalla sede di oggi. Ma più di tutto mi colpì l’atmosfera densa e grave che si respirava al circolo, erano gli anni del boom dell’Aids e il senso di emergenza, e il bisogno di trovare un modo per affrontare questa piaga erano fortissimi. Quindi fu un approccio traumatico, la prima riunione politica a cui assistetti era tutta incentrata su questa questione, tra l’altro fu anche una riunione molto triste perché era stato appena ricoverato Marco Sanna (uno dei fondatori del Mario Mieli, ndr). All’inizio della mia frequentazione del circolo ero molto timida, non mi sentivo di intervenire. Poi un po’ alla volta ho iniziato a dire anche la mia.
E Muccassassina, come sei approdata là?
La serata esisteva già, al Grigio Notte a Trastevere. Non andava molta gente, piccolino… allora ho iniziato a pensare che potevo dare una mano in questo ambito, un po’ per il mio passato con il Dirty Dicks e un po’ perché essendo stata a 16 anni alla Nuova Idea a Milano sapevo quanta energia dava entrare in un locale gay, per me era come sentirsi il brutto anatroccolo nel momento in cui si trasforma in cigno. Dopo poco coinvolsi un mio amico, Andrea Berardicurti più noto come La Karl Du Pigné con la quale eravamo anche “colleghe” al piazzale di Porta Maggiore. Quindi gli ho raccontato di questo circolo e un po’ alla volta ne ha iniziato a fare parte anche lei. Insieme abbiamo cominciato come volontarie a Mucca facendo le “portinaie” o le door selector, detta in maniera fica. Iniziammo con una festa al Villaggio Globale e da lì ci siamo spostati al poi Castello (all’epoca discoteca prospiciente al Vaticano, ex cinema porno ora sede universitaria Lumsa, da sempre di proprietà della Santa Sede, ndr). Al Villaggio le feste erano strepitose ma sporadiche. Ricordo che lì invitai Rutelli, Franca Valeri, Ambra, ma siccome ho sempre adorato il trash, ricordo una sera feci venire Wanna Marchi, la figlia e il Mago do Nascimento. Ci fu un momento di tensione ma fu davvero buffo: il Villaggio era uno spazio molto di sinistra, quindi all’ingresso all’epoca c’era una falce e martello con sotto scritto: Fini boia. Stefania Marchi lo legge e mi fa: “Ma perché? Fini è così una brava persona”. Io lì, un groppo in gola, mi sono detta: “Forse ho fatto una cazzata a invitarli”.
E che percezione hai avuto quando da un piccolo locale e da feste sporadiche siete passati a un locale più grande?
Una figata! Iniziavamo ad avere bisogno di uno spazio nostro, gestito da noi e non più ospiti. All’epoca, e parliamo, del 1994 circa, il direttore artistico era Luciano Parisi e con lui avevamo preso coraggio dopo il primo Pride a Roma. Da lì le feste decollarono. Poi Luciano espresse il desiderio di darsi alla fotografia, e allora Deborah (Di Cave, all’epoca presidente del Circolo), Imma (Battaglia, nel direttivo) e Paola (Dee, dj storica di Mucca) mi offrirono la direzione artistica. Fu un grande onore ma anche una responsabilità enorme perché mi occupavo della grafica, facevo ufficio stampa, la fornitura del bar, controllavo che ci fossero le grucce al guardaroba, gli ospiti, gli spettacoli, all’epoca eravamo anche pochi… però: gli anni più belli della mia vita.
Com’era la gente che veniva a Muccassassina allora?
Ricordo che all’inizio, al Castello, la gente si vergognava di entrare, lo facevano alla chetichella. I personaggi famosi poi volevano venire ma non essere fotografati. Poi, un po’ alla volta Muccassassina è diventata fica, un evento e allora i Vip pretendevano di essere fotografati. Le Spice Girls! Erano a Roma. Avevano offerte in denaro per andare in locali famosi e invece vennero da noi, al Qube. Insomma, noi da una razza in via di estinzione come sembrava dovessimo diventare per l’Hiv eravamo diventati una razza in via di espansione, cambiando locali sempre più grandi. E poi, all’una di notte, non importava cosa o come, noi avevamo il momento politico, dal palco, lanciavamo aggiornamenti su quello che il circolo faceva, iniziative, manifestazioni, appuntamenti perché questa è sempre stata la nostra cifra: divertimento ma anche tanto impegno politico. E da lì poi mille idee, mille iniziative: Sanremo Drag, le Porompompero, i Centocelle Nightmare che creai io, il gruppo di spogliarellisti palestrati di periferia che per anni fecero furore ovunque. Insomma in qualche modo sono stata la versione drag di Pippo Baudo: “Li ho scoperti io!”.
Come è cambiato negli anni il pubblico?
Da un pubblico totalmente gay ci siamo aperti sempre di più anche agli etero. Si era sparsa la voce che Mucca era divertente, libera, anche economica e così anche gli etero volevano esserci. Fu anche motivo di discussione al circolo, perché una parte voleva che Mucca restasse dedicata solo per un pubblico Lgbtqia+. Politicamente però era importante aprirsi anche al resto della popolazione e questo in parte ci ha portato supporto anche da quella sponda. Io credo che anche il successo del World Pride, nel 2000, si stato dato dall’esposizione della popolazione etero.
Cosa caratterizzava Muccassassina rispetto agli altri eventi o locali?
Ad esempio la nostra attenzione alla prevenzione dell’Aids, le giornate mondiale della lotta all’Aids fatte sempre a Mucca, da noi si è sempre fatta informazione e prevenzione, banchetti informativi, preservativi dati con il biglietto, in tempi in cui di questo non si parlava, tantomeno nei locali o nelle discoteche. E poi noi ci inventammo i temi settimanali, le performance che andavano oltre l’animazione pura e semplice. Le presentazioni dei film come il “Bagno Turco”, di programmi tv come “La posta del cuore” della Guzzanti. Non facevamo smancerie con i personaggi famosi, venivano trattati come tutti gli altri. Una sera, c’era Raoul Bova, lo invito sul palco e sul momento decido di fargli togliere la camicia e metterla all’asta per devolvere poi il ricavato in beneficenza. Il pubblico impazzito, arrivarono anche belle offerte. Un’altra volta misi la Cucinotta a spillare birra al bar perché un barista non era venuto. Ecco, diciamo che Muccassassina ha ispirato un modo diverso di fare serate e ancora oggi è un marchio di successo, dopo più di 30 anni.
Come ti venivano queste idee, erano preparate?
Quasi mai. Io credo che questo “intuito” per lo spettacolo in parte sia innato, in parte lo devo anche all’oratorio di Santo Stefano che si sa, sono sempre incubatrici “creative”. Già da bambina organizzavo balletti, spettacolini, feste…
Pensi che oggi il modo di divertirsi sia diverso?
Non credo, per un ragazzo di 18 anni che va a Muccassassina oggi: per lui è quello il mondo, magari viene da piccole realtà, arriva lì e gli sembra di stare nel paese dei balocchi. Poi sono stata da poco, è ancora una serata fantastica, ben organizzata, spettacoli pazzeschi: Bravo Diego (Longobardi, attuale direttore artistico di Mucca, ndr).
Un ricordo che ti è rimasto nel cuore di questa lunga esperienza a Mucca?
Franca Rame. Fu un episodio che sento la necessità di ricordate. Era per un 1° dicembre, la giornata mondiale contro l’Aids. Erano i primi anni, io non ero così nota, né tantomeno Muccassassina. Riesco ad avere un suo contatto, le telefono e le chiedo se fosse disponibile a fare da madrina per la serata. Lei non volle nessun compenso, neppure il rimborso del treno. Venne e fu un intervento molto intenso. E poi l’emozione di essere stata direttrice artistica durante il World Pride, un ricordo e un orgoglio indelebili. Aver conosciuto l’inventore della bandiera rainbow, Gilbert Backer, Sylvia Rivera… (Vladimir fa un grande sospiro).
Come è stato lasciare la direzione artistica di Mucca?
Dopo 10 anni ho capito che era il momento di lasciare, anche per una mia evoluzione artistica. Oggi lo rifarei? Forse sì ma per poche serate, ma io do le idee e gli altri le realizzano: oh, chi ce la fa più a stare dietro a tutto.
E quale sarebbe un’idea per una serata che vorresti fare?
Amo!!! E che te lo vengo a dire a te che poi me freghi l’idea e la usi te per qualche evento?
Perché gli anni passano, le esperienze si accumulano, un po’ di stanchezza ci sarà pure, ma la Luxuria non ce la freghi comunque.