Ci si può rendere invisibili anche essendo super famosi. Per secoli molti artisti hanno celato la loro essenza per evitare censure, biasimo quando non proprio la morte. Daniele Coluzzi insegna lettere e, a qualche secolo di distanza, ci racconta di come, tra le pieghe delle loro opere, “artistar” quali Michelangelo o Tasso raccontavano e celebravano i loro amori non convenzionali.
“Solo nel lasciare testimonianza scritta del loro amore prenderanno anche corpo le loro identità”.
Questa citazione di Pier Vittorio Tondelli, estratta da Camere separate, è una premessa necessaria. Ogni discorso che abbia a che fare con l’invisibilità alla quale l’omosessuale è stato condannato nella storia deve tenere conto di questo: non essere raccontati equivale a non esistere.
La nostra identità, in ognuno dei suoi infiniti aspetti, si forma attraverso il contatto (e spesso lo scontro) con le storie degli altri: ci rapportiamo fin da piccoli con personaggi reali e immaginari, strutturiamo chi siamo in base alle vicende che ci vengono raccontate, decidiamo se rispecchiarci empaticamente nelle esperienze di cui sentiamo parlare o, al contrario, tenerle lontane.
La letteratura, per lungo tempo, è stata l’unico mezzo per accedere alle storie altrui. I romanzi, le rappresentazioni teatrali, i racconti, le poesie hanno costruito un immaginario tutto esclusivamente eterosessuale nelle menti di generazioni e generazioni di lettori.
Di fatto, l’omosessuale è stato relegato, nella narrazione che l’Occidente ha fatto di sé per secoli, in un angolo buio dal quale ora, però, comincia ad affacciarsi.
Il merito non è di certo della carta stampata: sulle nuove generazioni agiscono in modo molto più efficace e veloce i nuovi media. Oggi personaggi omosessuali popolano le trame di serie tv di grande successo, sono i protagonisti di videogiochi da milioni di copie vendute, vengono raccontati e rappresentati in modi sempre nuovi al cinema o nelle canzoni.
Il libro, seppure in forma minore, contribuisce a sua volta: ne è un esempio il successo incredibile che hanno avuto i romanzi grafici di Heartstopper, su due giovani ragazzi adolescenti che scoprono l’amore, o il romanzo La canzone di Achille, diventato un best seller mondiale proprio grazie ai più giovani, che hanno sognato a occhi aperti di fronte al racconto dell’amore tra Achille e Patroclo, rilanciando questo titolo sui social fino a renderlo virale.
Tutto questo contribuisce oggi alla costruzione di identità più libere e consapevoli: il giovane o la giovane omosessuale sanno di poter essere i protagonisti di un film e quindi anche della loro vita. Allo stesso tempo, la società nella sua interezza entra in contatto con nuove storie, si relaziona con nuove tematiche, e da questo confronto trae beneficio a sua volta. Insomma, non mi sembra una rivoluzione da poco.
Non essere raccontati equivale a non esistere, dicevo prima. Ma siamo sicuri che in passato non siamo esistiti e che non siamo mai stati raccontati?
Senz’altro, nella storia del nostro Paese e nella storia della nostra letteratura, l’invisibilità è stata lo strumento fondamentale con il quale perpetuare un’oppressione: dall’amore di Dante per Beatrice in poi, il canone letterario (e la società intera) si è concentrato solo su amori esclusivamente eterosessuali.
Eppure, storie d’amore omosessuale del passato si trovano. Nonostante si sia cercato per secoli di reprimere l’omosessualità, questa è un’esperienza del tutto umana che è stata comunque vissuta e, di conseguenza, raccontata.
Nell’ultimo lavoro che ho pubblicato con Francesco Gnerre, In disgrazia del Cielo e della Terra (Rogas Edizioni, 2023), siamo andati alla ricerca della figura dell’omosessuale nella letteratura italiana e abbiamo scoperto storie, personaggi, riflessioni con le quali autori più o meno noti si sono confrontati.
In alcuni casi, abbiamo scoperto che il dogma dell’invisibilità ha agito in maniera decisiva sui grandi autori stessi: Michelangelo, il cui amore per Tommaso de’ Cavalieri non viene più messo in discussione già da molto (Stendhal, duecento anni fa, aveva abbozzato un romanzo su di loro, poi lasciato incompleto), ha subito un processo editoriale alquanto singolare. Al momento della pubblicazione postuma delle sue Rime nel 1623 il nipote, che cura l’edizione, modifica i testi rendendoli più “opportuni”: Tommaso de’ Cavalieri, al quale sono dedicate molte poesie, viene trasformato in donna attraverso la modifica dei pronomi, che passano dal genere maschile a quello femminile, o tramite la modifica lessicale di sostantivi come signor in donna. Insomma, Tommaso sparisce dalle poesie del suo Michelangelo, condannato a essere invisibile fino al 1960 (per più di tre secoli!), quando Laterza pubblica i testi nella loro forma originale.
Spesso sono stati gli autori stessi ad adottare meccanismi di autocensura per proteggersi dal rischio di essere troppo espliciti: la nostra letteratura abbonda di nomi in codice e giochi di parole riconducibili all’esperienza d’amore omosessuale o al sesso tra uomini, anzi, in alcuni periodi, come il Cinquecento, la poesia comica e oscena è diventata un’occasione per parlare, più o meno liberamente, di questi temi. L’idea di uscire dall’invisibilità grazie alla battuta o alla provocazione non è per niente nuova, insomma.
Altri autori hanno mostrato invece un atteggiamento decisamente più controllato e una paura maggiore all’idea di poter rendere visibile la propria interiorità: ne è un esempio Tasso, che in una lettera del 1576 confessa di amare un giovane ragazzo, per poi aggiungere subito dopo che “certo io vorrei non amarlo”. Rileggere i testi di questo nostro grande autore con una consapevolezza maggiore della sua intimità, ci aiuterebbe a fare luce su alcuni passaggi che da sempre liquidiamo come semplicemente “tormentati” e “complessi”.
Potremmo parlare poi di Leopardi, di Machiavelli, delle confessioni di Casanova e di quelle di Umberto Saba, ma non è questo il punto.
Bisogna, più in generale, rendersi conto di come ha funzionato il meccanismo dell’invisibilità nel tempo: negando una presenza, sconfessando un’esistenza, è stato una delle peggiori violenze che si siano potute consumare ai danni di una comunità.
E non dimentichiamo che in gran parte del mondo questa violenza viene inflitta ancora oggi.