“Scusa, ma che vuol dire essere ‘intersex’?”
Così leggo l’ennesimo messaggio del giorno, dall’ennesimo profilo su un’app.
Ho ormai fatto pace con il fatto che essere intersex significa non avere mai una pausa dall’attivismo. Mi tocca fare informazione anche prima di una semplice uscita con un tizio random. Ma non mi lamento, perché capisco l’inevitabilità e non do colpa a chi chiede; anzi, apprezzo l’interesse e mi fa piacere parlare di una questione che mi sta tanto a cuore.
Tuttavia, mi chiedo: perché così poche persone conoscono la realtà intersex?
Nella speranza di mitigare la scarsa conoscenza che molti hanno dell’argomento, mi ritrovo a rispondere con un messaggio di cinque righe, prestando attenzione a non usare un linguaggio che possa risultare troppo complesso e rognoso o troppo banale e potenzialmente offensivo…per poi leggere in risposta qualcosa tipo: “Ah ok, figo, mi intriga”.
Stranamente, per quanto corta e superficiale, era proprio la risposta che volevo. Mi fa sentire normale, scontato quasi. Non c’è nulla che non va, è semplicemente una mia particolarità.
È in quei momenti che sento il mio corpo invisibile diventare visibile. Il corpo che mi hanno sempre insegnato a nascondere e di cui vergognarmi diventa il corpo che posso mostrare liberamente per quello che è, senza vergogna. Non direi neanche con orgoglio e coraggio, ma semplicemente con naturalezza, come se fosse la cosa più “normale” al mondo. È la mia normalità.
Ho capito che nelle mie mani risiede il potere di trasformare la mia “invisibilità” in un qualcosa di visibile, qualcosa ritenuto “tabù” in qualcosa di amabile. Dopo tutto, ho lottato per questo corpo; ho lottato per ottenere i cambiamenti che volevo e per accettare e amare gli aspetti che non avrei mai potuto cambiare.
E questo è uno dei motivi per cui ho iniziato a fare attivismo con Intersexioni, anni fa. Voglio rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta con l’obiettivo finale di portare all’accettazione, alla de-stigmatizzazione e all’autodeterminazione dei corpi intersex.
Addirittura, ci sono molti medici endocrinologi, urologi e ginecologi, ancora troppo poco informati in materia. E quindi mi ritrovo a chiedermi: perché i corpi intersex sono così poco conosciuti?
Da anni i nostri corpi vengono considerati delle “emergenze sociali”, da “riparare” mediante interventi di “normalizzazione” fin da bambini, senza il nostro consenso informato e dunque senza la nostra volontà.
Un/a bambino/a non può dare il suo consenso per un intervento puramente cosmetico. Neanche un adulto a cui non vengono fornite tutte le informazioni necessarie in maniera chiara ed esaustiva può dare il suo consenso informato per interventi del genere e terapie ormonali; una persona, a prescindere dall’età, non può scegliere volontariamente di sottoporsi ad un’operazione se dietro a quell’operazione ci sono frasi manipolatorie da parte dei medici, finalizzate a convincere il/la paziente a operarsi anche se non necessario per la sua salute fisica. Eppure, sono tutte cose che succedono alle persone con variazioni delle caratteristiche di sesso.
Capita anche che al/la paziente intersex venga nascosta la propria variazione, mascherata da una serie di bugie che non fanno altro che stigmatizzare chi ha queste variazioni. È un tentativo di seppellire, di nascondere, di ignorare il fatto che possano esistere corpi intersex.
Inoltre, questi interventi fatti in età precoce possono portare a complicazioni gravi, quali lesioni ai nervi, insensibilità o dolore cronico nella regione genitale, incontinenza, e un danno irrecuperabile all’integrità psicofisica dell’individuo mutilato.
È per questo motivo che mi ritengo fortunato.
Ho scoperto di essere intersex intorno ai 15 anni, anche se il mio corpo è sempre stato visibilmente diverso dalla “norma”.
Non sono mai stato operato senza il mio consenso, ma da adolescente alcuni medici mi hanno proposto (talvolta con insistenza) terapie ormonali e interventi chirurgici femminilizzanti che io avevo detto da subito di non volere. Dietro a questa “proposta” c’era la minaccia che, qualora non mi fossi sottoposto a questi trattamenti, non avrei mai vissuto una vita felice e “nessuna persona avrebbe mai voluto fare sesso” con me.
Era inconcepibile per loro che io potessi accettarmi come ero oppure che volessi modificare il mio corpo nella direzione opposta a quella pensata da questi medici (cioè intraprendere un percorso di mascolinizzazione anziché di femminilizzazione).
Mentre presentavano le varie proposte di procedure mediche femminilizzanti che avevo espresso di non volere, le mie esigenze di salute fisica e mentale venivano totalmente ignorate. Mi proponevano “cure” che non volevo, al contempo non diagnosticando né curando la mia ernia inguinale, il dolore pelvico cronico che avevo, e altre cose.
Mi è sembrato come se fossero molto più concentrati sull’eliminare la mia diversità fisica anziché cercare di capirla meglio e ad aiutarmi nelle problematiche per cui necessitavo di aiuto.
In quegli anni sono stato costretto a diventare il mio “medico”, cosa che mi ha fatto innamorare della medicina e a studiarla all’Università; è stato grazie alle mie conoscenze in questo ambito che sono riuscito a capire certi problemi di salute che avevo, a farmele eventualmente diagnosticare da un medico e a farle curare. Era una grossa responsabilità per un adolescente, una responsabilità che mi ha portato tanto stress, ansia e timori in quegli anni. Tutto questo perché la maggior parte dei medici che avevo al tempo non capiva quasi nulla del mio corpo. Spettava quindi a me capirlo.
La mia curiosità e passione per la medicina mi hanno aiutato a prendere in mano la mia vita e a fare le scelte che al tempo erano giuste per me. Ero in grado di capire che alcune cose che mi venivano dette non erano vere e conoscevo le mie esigenze: lasciare il mio corpo in pace, così com’era, aspettando il momento giusto in età adulta per scegliere se cambiare delle cose o meno. Ho scelto di intraprendere una terapia ormonale mascolinizzante, una scelta che ho fatto in totale autonomia e per mia piena volontà, non influenzato o manipolato da nessun medico.
Il problema dell’invisibilizzazione risiede nel tentativo di nascondere le nostre caratteristiche di sesso sane che ci rendono intersex e il rifiuto di conoscere meglio i nostri corpi.
La visibilità è importante perché abbiamo bisogno di medici che conoscano i nostri corpi e rispettino le nostre esigenze, oltre che di persone alleate che abbiano a cuore la nostra battaglia.
C’è stato tanto progresso e deve continuare ad esserci. Come società dobbiamo imparare ad accettare determinate diversità corporee sane, invece di cercare di sopprimerle. E nessuna quantità di terapie ormonali o interventi chirurgici potrà eliminare l’esistenza dei corpi intersex.
Sono nato intersex e morirò tale. E dopo anni posso finalmente dire che mi sta bene esattamente così.
[Foto Mirta Lispi – IG: @mirtalispi.photo – @mirtalispi.art]