Se oggi in Italia si perde il conto delle bandiere bisessuali e pansessuali presenti alle marce dei Pride, solo dieci anni fa esse erano completamente assenti. A questa progressiva inondazione di vessilli bi all’interno delle parate dell’orgoglio queer, nello scorso decennio, non è corrisposto altresì un incremento della comprensione della bisessualità nel nostro paese; la discussione dell’attrazione verso più generi continua ad essere costellata da falsi miti e da una cancellazione, stigmatizzazione e feticizzazione sistemica che tutt’ora ne impediscono l’espressione sociale e politica.
La cancellazione della bisessualità pervade sia la società eterosessuale che le comunità gay e lesbiche. Gianna Nannini viene considerata come una donna lesbica nonostante dal 1995 abbia fatto coming out come persona attratta da più di un genere per quattro volte, tre volte più del necessario. Marielle Franco è stata descritta come donna lesbica (in alcuni casi “dichiaratamente” tale) sia dalla stampa eterosessuale che da quelle gay e lesbiche, nonostante si fosse definita “donna nera, bisessuale” poche ore prima di venire uccisa.
La bisessualità è cancellata anche dalla narrazione che la descrive come un orientamento temporaneo: se i media eterosessuali da cinquant’anni descrivono la bisessualità come una moda passeggera in procinto di scomparire, nelle comunità gay e lesbiche le persone bisessuali sono spesso viste come in una fase destinata a terminare nell’attrazione esclusiva per uomini. Secondo questo pensiero gay e lesbico, infatti, gli uomini bisessuali sarebbero dei gay velati che non hanno ancora accettato la propria omosessualità mentre le donne bisessuali sarebbero in realtà delle eterosessuali destinate a lasciare la propria partner lesbica per un uomo.
Se la narrazione della bisessualità come foglia di fico per uomini gay velati e donne etero opportuniste costituisce una forma di stigmatizzazione esclusiva alle comunità gay e lesbiche, quella che vede le persone bisessuali come intrinsecamente più ingorde e insaziabili a livello sessuale, quindi più portate alla promiscuità e alla non-monogamia, è condivisa anche dalla società eterosessuale.
Nella nostra società sessuofobica e polifobica questa percezione porta ad una stigmatizzazione della bisessualità in quanto tale, nonostante non tutte le persone bisessuali siano promiscue o non-monogame (e anche se lo fossero, non ci dovrebbe essere nulla di male).
Vista la cancellazione e la stigmatizzazione della bisessualità e delle persone bisessuali sia nella società eterosessuale che nelle comunità gay e lesbiche, non stupisce che la bandiera bisessuale ancora dieci anni fa fosse praticamente introvabile in Italia nonostante fosse stata svelata per la prima volta nel 1998. Fino a pochi anni fa vivere il contesto associazionistico “lgbt” da persona bisessuale significava subire una forte pressione sia personale che politica a definirsi gay o lesbica, poco importa che si parli della metà degli anni Duemiladieci o degli anni Novanta.
Se la marginalizzazione della bisessualità nel movimento è stata presente fin dai suoi albori negli anni Settanta, le motivazioni sono cambiate nel corso dei decenni. Da più di trent’anni la retorica del born this way caratterizza la politica dell’associazionismo gay e lesbico, sostenendo che le persone omosessuali dovrebbero essere tollerate dalla società perché “nate così” e quindi incapaci di avere un rapporto con il sesso “opposto”. Questa retorica non è di aiuto per le persone bisessuali: al suo interno quest’ultime non sono in grado di ottenere pietà in quanto vengono percepite come in grado di “scegliere” di essere (cancellate come) eterosessuali.
Queste pratiche di assimilazione non hanno sempre fatto parte del movimento: pensiamo ad esempio al confronto registrato dalla RAI tra Mario Mieli e un operaio dell’Alfa Romeo nel 1978. Di fronte all’ammissione di quest’ultimo di aver avuto “una voglia di tipo omosessuale”, della quale però non approfittava, l’attivista milanese risponde “Ma perché non approfittarne? È piacevole!” invece del rispondergli che doveva accettare la sua omosessualità in quanto fosse “nato così”. Nella sua risposta Mieli sottintende che non c’è nulla di male in un rapporto tra persone dello stesso genere: esattamente l’opposto di quello che sottintende la retorica born this way, secondo la quale una persona gay o lesbica, se ne avesse la possibilità, sceglierebbe di essere eterosessuale.
Sebbene la politica bisessuale possa essere declinata anche in chiave assimilazionista, la centralità della lotta culturale all’interno della questione bisessuale è in netto contrasto con l’approccio neoliberale egemone della lotta “lgbt” centralizzato sulle norme legislative (matrimonio, adozioni, crimini d’odio).
Nello scegliere la strada dell’assimilazione neoliberale il movimento LGBTQIA+ ha volutamente lasciato da parte tutte le soggettività queer più scomode e marginalizzate: le persone facenti parte dello spettro bisessuale e asessuale, le persone facenti parte dell’ombrello trans e le persone queer che sono anche poliamorose e/o kinkster.
La cresciuta della visibilità bisessuale negli ultimi dieci anni non è da imputare ad un miglioramento all’interno del movimento LGBTQIA+ ma ai nuovi media, che hanno permesso sia alle persone bisessuali di avere accesso a spazi specificatamente bisessuali, senza il retaggio bifobico dell’associazionismo gay e lesbico, che alle militanti bisessuali italiane di avere accesso alla conoscenza della storia e del pensiero del movimento bisessuale internazionale, specialmente di quello americano, fin dalle sue origini negli anni Settanta. Il pensiero bisessuale è praticamente sconosciuto in Italia: fino a quest’anno non era ancora mai stato pubblicato o tradotto un libro sulla politica bisessuale, quando negli Stati Uniti questo avviene da trent’anni. Per questo motivo ho deciso di riassumere le conoscenze e le riflessioni maturate nei miei dieci anni di coscienza bisessuale in un saggio breve, Lunatiche. La bisessualità non è una fase, in cui faccio sia divulgazione, smontando i luoghi comuni sulla bisessualità, che politica, approfondendo le ragioni e meccanismi dietro l’ideologia bifobica e le sue manifestazioni nella cancellazione, stigmatizzazione e feticizzazione delle persone bisessuali.
[Foto Mirta Lispi – IG: @mirtalispi.photo – @mirtalispi.art]