Ci sono luoghi dove ci si sente a casa. Luoghi dove si cresce, si litiga, ci si confronta, si evolve e si impara. Luoghi dove si percorre insieme tratti di strada, formativi e indelebili, che entrano a far parte del tessuto del nostro percorso personale e finiscono per modificarne il tracciato. Aut per moltə di noi è stato esattamente questo.
Per chi non lo conosce, Aut è stata una rivista, nata nel 1994 all’interno del Circolo Mario Mieli, per una specifica necessità: raccontare una comunità, raccontarsi, conoscere, conoscersi, confrontarsi, sostenersi, aiutarsi, rafforzarsi e crescere. Negli anni si è evoluta, ampliando la sua visione. Non più solo fare comunità, una comunità ormai decodificata, ma raccontarla al mondo intero. Con un passaggio cruciale: da un’elaborazione interna a quella esterna. Fortificati dentro, si era prontə a uscire fuori e a prendersi il proprio posto nel mondo. E per 17 anni Aut è stato un punto di riferimento per diverse generazioni. Quando poi l’esterno è diventato social, quel posto è diventato globale, senza confini e ci ha dato la percezione, spesso anche l’illusione, di essere tuttə unitə, parte di uno stesso luogo, con zero gradi di separazione. E senza dubbio in parte è stato così.
Ma quantə di noi oggi hanno la percezione che nell’universo digitale manchi quel senso di condivisione che solo il tatto, lo sguardo, l’incontro (anche lo scontro), la ricerca, la riflessione, l’approfondimento possano dare? Quanto la velocità dei tanti contenuti digitali a nostra disposizione ogni minuto spesso ci allontana da riflessioni più elaborate, affidabili, date da tempi più dilatati? Le informazioni, così come le idee, hanno spesso bisogno di tempo. Sono due visioni così inconciliabili, quella di un tempo per teorizzare, fare ricerca, approfondire e quella di divulgare informazioni, alimentare un pensiero critico, teorizzare una nuova comunità politica? Dove finisce la divulgazione e dove inizia l’attivismo? Quando un contenuto è AUTorevole e quando impermanente collutorio per la mente? Dove convergono tutte le nuove istanze di una comunità in continua evoluzione e transizione e dove si incontrano le esigenze di diverse generazioni? C’è un punto di intersezione?
E’ adesso il tempo per riprenderci questo spazio che noə tuttə ci siamo guadagnatə e nel tempo costruitə. E’ tempo di colmare un vuoto di cui tuttə sentiamo l’esigenza. E’ tempo di ridare una casa alla nostra voglia di dire, fare, pensare e condividere. E’ tempo di valorizzare la nostra storia, farne tesoro e metterla in connessione con chi animerà le pagine di domani. Perché non è vero che i linguaggi sono incompatibili e le distanze troppo ampie. Niente ci separa se sappiamo come restare uniti.
Questo abbiamo avuto la voglia e l’urgenza di fare: con l’AUTorevolezza e la storia della nostra comunità, vogliamo essere quel luogo, quella casa, in cui ciò che è stato, che siamo e che saremo trovino il proprio spazio, di espressione e narrazione, in un processo di connessione, confronto e contaminazione continui. Che tenga conto di ciò che abbiamo costruito, declinandolo nel presente, con gli strumenti di oggi, dandogli la solidità della nostra storia di cui siamo fortə.
Dopo 12 anni, e nell’anno in cui la nostra associazione compie 40 anni, ripartiamo proprio da qui: da chi siamo statə per comprendere chi siamo e chi decideremo di essere. E’ proprio per questo che oggi siamo di nuovo Aut.
Grazie a chi lo ha reso possibile: Mario Collamarino, Edoardo Rossi e tutto il direttivo del Circolo Mario Mieli. Grazie ai miei visionari compagni di viaggio e a tutti gli splendidi talenti che continuano a dare valore a questo nostro lavoro. E grazie a voi, vecchə e nuovə lettorə: questa casa è per tuttə noi.