Se mi si chiede di pensare a un luogo sicuro, chiudo gli occhi e penso alla mia famiglia, con tutte le fatiche, le contraddizioni, a volte anche i dolori. Ma il mio luogo sicuro è stato ed è quello.
Posso pensare a questo luogo sicuro anche rispetto al mio coming out, anche se mia madre, oggi nostra sostenitrice, a suo tempo disse tutte quelle cose da stereotipo tipico della madre che scopre di avere un figlio gay: “Dove ho sbagliato? Se lo avessi saputo prima ti avrei curato”, frasi così. Dopo quel nostro dialogo, uscì di casa per andare a comperare un regalo per Salvatore, il mio compagno. Con mio padre mi sono sentito ancora più libero di piangere, riconoscendogli di aver giocato un ruolo prezioso negli anni prima del coming out, nel farmi sentire accolto e far sentire accolto il mio “amico” Salvatore.
Non è così per tutti purtroppo e attraverso la mia esperienza professionale con Casa Arcobaleno di storie dove la famiglia non è un luogo sicuro ne ho conosciute tante, troppe.
Casa Arcobaleno nasce nel 2019 ed è gestita dalla cooperativa sociale milanese in cui lavoro – Spazio Aperto Servizi – che da oltre 30 anni, attraverso una rete di servizi educativi, assistenziali e di accoglienza abitativa, si occupa di rispondere agli innumerevoli bisogni delle persone. Casa Arcobaleno è un luogo sicuro, un ambiente protetto per tutti coloro che dopo essersi dichiarati alla propria famiglia si ritrovano senza una casa.
Nel 2019, tra i vari servizi, gestivamo un dormitorio per persone senza dimora dove ci capitò di accogliere ragazzə giovanissimə cacciati di casa proprio per il loro orientamento sessuale o per la loro identità di genere. Ascoltando le loro storie, abbiamo subito capito che quello non era il posto giusto, dovevamo fare qualcosa e pensare a un percorso ad hoc, di accoglienza e di ripartenza. Anche l’allora Assessore alle politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, attento alle tematiche LGBT+, desiderava dare un segno tangibile. Spazio Aperto Servizi e Comune di Milano, unendo intenti e risorse, diedero vita così alla prima Casa Arcobaleno di Milano e della Lombardia.
Le situazioni di emergenza negli anni sono andate crescendo, a tal punto che abbiamo aperto altre case. Ad oggi i posti disponibili sono 12, sempre pieni. Ci sono giovani che arrivano da ogni parte d’Italia, molti dal centro sud, ma non sono pochi i lombardi.
La comunità trans è certamente la più esposta a discriminazione e scarsa accettazione da parte delle famiglie. Ragion per cui molti abitanti di Casa Arcobaleno sono persone transgender.
In Casa Arcobaleno alcuni arrivano con solo i vestiti che indossano, si parte da zero, dall’acquisto delle cose più semplici e necessarie. Tutti trovano un luogo dove sentirsi accolti, dove essere se stessi e potersi esprimere liberamente, dove poter essere chiamati col proprio nome d’elezione. Ciascuno trova la possibilità di riprendere in mano la propria vita e ripartire. L’equipe multidisciplinare (coordinatrice, educatori, educatrici, psicologa, legale) affianca le persone in questo processo.
La vita nella casa è scandita dalle attività quotidiane: c’è da fare la spesa, pulire la casa, stendere i panni. C’è chi va a scuola (accogliamo anche persone che frequentano ancora le scuole superiori, ovviamente maggiorenni), chi frequenta corsi di formazione, chi ha lo stage aziendale o il tirocinio, qualcuno lavora, qualcuno resta a casa perché ha bisogno di recuperare serenità ed elaborare vissuti e fatiche. Una palestra che prepara le persone alla gestione della loro vita e della loro casa futura. La formazione e il lavoro, insieme al benessere psicologico, sono gli obiettivi principali di tutto il nostro operare.
In alcuni casi c’è la necessità di affrontare il percorso di transizione di genere con la presa in carico sanitaria (ad esempio per le terapie ormonali) e una presa in carico legale (ad esempio per la rettifica anagrafica dei documenti).
Alcuni genitori hanno avviato anche azioni legali contro ə loro stessə figliə per “diffamazione” poiché avevano dichiarato di avere dei genitori omofobi. In queste situazioni la presenza del legale di Casa Arcobaleno è necessaria, preziosa e determinante.
Sono state accolte finora oltre 30 persone. Alcune di loro sono riuscite a ricreare una relazione nuova con la famiglia. L’uscita di casa per essere accolti in Casa Arcobaleno in alcuni casi, infatti, ha rappresentato una rottura necessaria e la distanza anche fisica tra genitori e figli ha creato il giusto spazio per poter ricostruire una relazione diversa, a tal punto che alcune persone sono tornate in famiglia.
Le altre persone uscite da Casa Arcobaleno hanno trovato un lavoro, vivono autonomamente, per alcuni è stato utile e opportuno cambiare città, in qualche caso anche trovando accoglienza in altre case protette per continuare il loro percorso di vita.
Per la quasi totalità degli ex abitanti di Casa Arcobaleno, le operatrici e gli operatori restano un punto di riferimento prezioso, con cui condividere le varie tappe della loro vita, le gioie, i successi, ma anche le fatiche e le cadute. C’è stato anche chi, in un momento delicato, ha chiesto di tornare di nuovo in Casa Arcobaleno e qui ha trovato accoglienza, come è giusto che sia. Ciascun giovane deve sapere di poter tornare e trovare una porta sempre aperta. Come avviene in famiglia, anche dopo l’uscita di casa di un figlio, se c’è bisogno si può tornare sapendo di trovare qualcuno pronto ad accogliere e, insieme, trovare nuova forza e nuove possibilità per ripartire.
[Giovanni Raulli è il Direttore di Area Spazio Aperto Servizi – Casa Arcobaleno SAS]