Nel giugno 1985 la rivista Linus chiese allo scrittore sempresialodato Pier Vittorio Tondelli di indagare su una questione sociologica: “Chi sono i giovani degli anni Ottanta? Che cosa pensano?” Da quell’inchiesta nacque poi un concorso letterario, perché Tondelli pensò bene di lasciare direttamente la parola a questi “misteriosi” giovani, anziché di scriverne lui, improvvisandosi sociologo (proprio come facciamo noi di Aut in questo monografico ndr). Chiese così loro di elaborare un racconto e gli suggerì di parlare di ciò che meglio conoscevano: la scuola, la famiglia, i loro amori, la loro città, il quartiere, la loro propria impronta e dimensione nel mondo. L’idea fu un successo titanico: ne vennero fuori un articolo – tondellianamente intitolato “Gli scarti”, e non sto qui a spiegare il senso positivo di un termine che pare negativo – che a sua volta figliò tre belle raccolte di racconti “Under 25”, più qualche centinaio di articoli sulla stampa di tutta Italia.
Questo per dire che a noi giornalisti di mezza età prima o poi viene di domandarci quali pianeti compongano la galassia dei “giovani d’oggi”; chissà, forse è il segno della nostra presa d’atto che noi altri, giovani, non lo siamo più. E allora sbirciamo le orbite di chi ha preso il nostro posto nella categoria.
Se leggo i contributi dei pischell* student* su Aut dai “pischell*”, devo dire che noto, ahimé spesso, una faciloneria e una imprecisione a volte davvero gravi, che depotenziano tutto. Ok, ci sta che chi è giovane debba essere istituzionalmente arrabbiato e che voglia denunciare o addirittura cancellare tutto, dalle politiche del governo alla fame nel mondo, dall’ottusaggine degli adulti alla crudeltà delle guerre, dalle mode stupide al consumismo imperante, passando per l’imperialismo degli yankee, che si porta sempre molto bene per tutte le generazioni e in tutte le stagioni, anche quando è la Russia che invade, attacca, bombarda un Paese libero e indipendente.
Da giornalista e professore di liceo, mi permetto quindi di buttare giù qualche dato a mio avviso utile.
Dal 2008 a oggi, ossia dopo gli inverecondi tagli (8 miliardi) della riforma Gelmini del governo Berlusconi, tre sono stati gli interventi legislativi principali sulla scuola: nel 2015, nel biennio Covid 2020-21 e dal 2021 a oggi.
Iniziamo con l’assai contestata ma pochissimo conosciuta legge 107/2015, o riforma Renzi, che ha investito oltre 8 miliardi di euro nell’istruzione pubblica, portando fra l’altro all’assunzione a tempo indeterminato nel lavoro dei loro sogni di oltre 140.000 insegnanti ex precari storici, ha istituito la Carte del docente, e ha fornito le scuole di maggiore autonomia decisionale, ma anche suppellettili, tecnologie e strutture come mai era successo prima. Car* pischell*, avete presente gli schermi touchscreen che trovate ormai quasi in ogni vostra aula, o i laboratori informatici, o i tablet che potete usare? I soldi vengono dalla 107/2015.
Lungo il biennio Covid, penso che tutti ci ricordiamo degli investimenti utili (migliaia di mascherine, centinaia di bottiglie di gel disinfettante, decine di termometri elettronici) comparsi dentro ogni istituto italiano, così come degli investimenti inutili: i banchi a rotelle della ministra Azzolina, finiti spesso in soffitte o cantine quando si realizzato che non era utilizzabili senza rischi… è quel che accade quando si porta l’impreparazione al potere, anziché l’immaginazione.
Pochi mesi più tardi, nel 2021, il famoso e altrettanto poco conosciuto PNRR ha addirittura superato quel record, versando sulla scuola pubblica italiana col piano Futura una roba come 17,59 miliardi di euro (scritto in cifre è: € 17.590.000.000 e trovate i dettagli qui), ossia circa 300.000€ per ogni singolo istituto statale che ne abbia fatto richiesta entro i termini temporali stabiliti da Bruxelles. Fondi che stanno per essere spesi proprio in questi giorni.
A parte quei pochissimi collegi docenti che hanno scelto di non presentare domanda per il PNRR perché imprigionati in un’ideologia vetero che considera perfino i fondi europei per migliorare infrastrutture e competenze della scuola come una pericolosa minaccia capitalistica, c’è che le scuole PUBBLICHE italiane sono state e si apprestano a essere INONDATE da una quantità di denaro come mai prima nella storia italiana ed europea. Qui ci sarebbe da fare un inciso e citare quel genio di Karl Marx che si lanciava contro le ideologie colpevoli di capovolgere la realtà, vero colleghi dell’Albertelli di Roma? Vabbè.
Dopo aver snocciolato qualche numero, non di poca rilevanza, da buon professore e giornalista, ora mi piacerebbe parlare di contenuti.
Primo punto, che vale per i giovani quanto per gli adulti quando si elabora un articolo: se si vuole scrivere, si deve prima studiare, informarsi, capire la realtà. Quindi è possibile dare una propria interpretazione. Si può sempre dire, per esempio, che 8 miliardi prima e 17,59 miliardi dopo non sono abbastanza… ma ne riparliamo quando qualcuno degli studenti* di oggi avrà responsabilità di governo e gli toccherà trovare fondi più ingenti per l’istruzione pubblica, in un Paese che è sempre meno per giovani e sempre più la migliore RSA a cielo aperto del mondo.
Leggendo poi i tre brevi pezzi che hanno spedito dei miei gentili studenti liceali (che come Tondelli ho coinvolto per Aut), c’è da dire che li trovo poco omogenei e, in un paio di casi, un po’ acerbi, ma non per questo poco interessanti.
Non sono acerbe le riflessioni di Edoardo Bernardini che guarda ai massimi sistemi e richiama alcune notizie di cronaca nera internazionale recente che lo hanno lasciato disgustato e perplesso. Mi piace quando Edo denuncia che “si sia persa la cognizione della realtà e del fatto che quando ci rapportiamo a un’altra persona” e quindi spesso ci dimentichiamo di “avere davanti un essere umano come noi e non un oggetto o un manichino”. Ci trovo sensibilità, condivisibile e saggio sopracciglio alzato, preoccupazione, maturità nel suo piccolo grande j’accuse.
Mi garba assai, del resto, anche il pensiero ossimorico della pischella anonima che incalza con l’incipit del suo brevissimo scritto: “Deprimente e motivante. Penso che si possa riassumere così la nostra – mia – realtà”. E poi spiega, col dono della sintesi, cosa intende.
Mi affascina il ragazzo senza nome che, candido, ammette: “se mi venisse chiesto di nuovo in che modo vivo questo presente, in quanto adolescente italiano di quarto liceo, risponderei che semplicemente non me lo vivo, non gli appartengo.” Viva la faccia: mi sono fatto fin qui i cazzi miei, ché ne avevo tanti, e sono rimasto indietro sul mondo, per parafrasare il giovane. Spero aggiunga: mo’ però m’informo.
Allora, per concludere: i giovani d’oggi non sono né migliori, né peggiori di come lo eravamo noi alla loro età. Cambiano i tempi, non cambiano le incertezze, le aspettative, i dubbi, il sentirsi “scarti” o nei margini rispetto a una società che sembra sempre molto lontana da ciò che conta ed è importante. Tutto ciò che non vi piace della realtà che vi circonda, cercate di cambiarlo. E se proprio non riuscite a cambiarlo, almeno sappiate descriverlo, come diceva Fassbinder. Purché la descrizione sia accurata.
E adesso, di seguito, lasciamo la parola a loro, l3 pischell3. Ed ecco gli articoli scritti dai miei studenti, che ringrazio.
Cosa direi se mi venisse chiesto cosa mi preoccupa maggiormente del presente?
Ultimamente mi è stato posto questo quesito e non ho riflettuto più di qualche secondo prima di darmi una risposta: da quando si è diffuso il covid-19 si è perso il contatto tra le persone. Nel mondo ci sono sempre state guerre, soprusi, violenza e crudeltà ma penso che dal 2020, tanto nel nostro piccolo quanto a livello mondiale, abbiamo assistito e stiamo assistendo ad eventi scioccanti e che non fanno altro che peggiorare.
A Gaza a fine gennaio 2024 si sono quasi raggiunti i 25000 morti palestinesi, di cui il 70% composto da donne e bambini. Negli ospedali rimasti ancora integri, medici e infermieri sono costretti a operare anche arrivando ad amputare arti senza anestesia, senza contare le crudeltà inflitte ai civili Israeliani da Hamas il 7 ottobre.
Il 26 gennaio 2024 in Alabama, Kenneth Smith, uomo macchiatosi di omicidio nel 1988, è stato giustiziato durante il secondo tentativo della sua esecuzione. Quest’anno l’Alabama ha evidentemente ritenuto che in uno stato moderno non sia più opportuno somministrare la pena di morte con vecchi mezzi e occorra modernizzarli, anziché abolirli, perciò è nato il metodo di esecuzione tramite maschera ad azoto. Questo metodo, definito “il più umano” è stato testato per la prima volta su Kenneth Smith, portandolo a dimenarsi e ad agonizzare per quasi 20 minuti prima di morire, stando alle parole del direttore del Dipartimento penitenziario dell’Alabama, “in maniera involontaria e senza niente di straordinario”.
Lunedì 29 gennaio 2024 ha avuto luogo in Ungheria la prima udienza del processo a Ilaria Salis, insegnante di scuola elementare arrestata circa un anno fa con l’accusa di aver picchiato degli estremisti di destra sulla sola base di un video che permette una dubbia possibilità di identificazione dei soggetti. La donna è stata portata in tribunale con mani e piedi incatenati e condotta tramite un’ulteriore catena legatale in vita.
Alla luce di questi fatti, che sono solo alcuni tra i più eclatanti che si stanno verificando, ho l’impressione che si sia persa la cognizione della realtà e del fatto che quando ci rapportiamo con un’altra persona abbiamo davanti un essere umano come noi e non un oggetto o un manichino. Inoltre, un’altra cosa che mi spaventa profondamente è l’indifferenza che dilaga, portandoci anche a cercare di evitare la durezza della realtà per “proteggerci”, in maniera estremamente egoista.
Mi auguro sinceramente che questa situazione migliori il prima possibile, perché con un simile presente non posso nascondere la mia paura per il futuro.
Edoardo Bernardini
Ho iniziato a chiedermi se io stesso mi sentissi veramente parte del mondo di oggi e della nostra società del presente in quanto ragazzo ftm di 17 anni…
Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo su come noi ragazzi viviamo il presente, inizialmente non gli ho dato molto peso poiché vedevo il tema come superficiale, poco introspettivo; qualcosa a cui di solito si risponde con frasi fatte o auguri per il futuro e critiche ai tempi d’oggi sentite più e più volte. Poi pensandoci meglio però, ho iniziato a chiedermi se io stesso mi sentissi veramente parte del mondo di oggi e della nostra società del presente in quanto ragazzo di 17 anni. A volte mi sembra di vivere in una bolla che mi tiene lontano da cosa accade al di fuori di casa mia e all’interno della quale solo raramente filtrano alcune notizie di attualità che sento a scuola, o di sera durante quei 10 minuti di telegiornale che guarda mio padre dopo essere tornato dal lavoro. Non credo, anzi spero di non parlare per tutti quando dico di avere la sensazione di vivere in un mondo a parte, in cui le notizie non arrivano, o se lo fanno questo accade in ritardo di settimane, mesi o anni, il che contribuisce solo al non farmi sentire effettivamente parte del presente di cui tutti parlano. Dopo averci riflettuto, se mi venisse chiesto di nuovo in che modo vivo questo presente, in quanto adolescente italiano di quarto liceo, risponderei che semplicemente non me lo vivo, non gli appartengo. Il che, ne sono completamente consapevole, è una cosa estremamente negativa, la quale però non mi è mai pesata se non negli ultimi tempi, dopo aver realizzato di essere rimasto indietro, ancorato a problemi personali che nonostante mi abbiano fatto crescere, mi hanno anche arrecato purtroppo una visione ristretta (volendo distorta) della realtà, che si è radicata nella mia mente e che ancora oggi trovo difficile da estirpare. Per questo motivo sto provando a informarmi su ciò che accade nel resto del mondo, ma di conseguenza ho scoperto la difficoltà nel farlo a causa dei mass media i quali non lo rendono facile a persone della mia età che devono formare delle proprie opinioni; questo perché veniamo continuamente tempestati di notizie che spesso e volentieri vengono divulgate in modo non del tutto imparziale ma che anzi sono influenzate da diversi fattori determinanti come ideali politici o credenze religiose.
Anonimo
Deprimente e motivante.
Penso che si possa riassumere così la nostra – mia – realtà, deprimente e motivante.
Direi che è facile intuire il perché di “deprimente”, no? Se non lo è accendete il telegiornale per qualche minuto e vedrete che il motivo sarà più che chiaro.
Allora perché motivante?
Perché ogni tanto, in mezzo a quella marea di idioti e mostri che esistono, qualcuno ti ricorda che c’è anche del bello nell’essere umano. E si sa, la speranza è l’ultima a morire.
Forse sono ingenua, forse sono troppo speranzosa nella mia convinzione di poter fare qualcosa per questo mondo, di poterlo cambiare per il meglio, ma non mi dispiace la sensazione che mi dà questa mia convinzione, di avere ancora potere sul mio futuro e di non dover semplicemente accontentarmi di ciò che verrà, poter cambiare le cose, make things right.
Perciò com’è la mia realtà? Precaria, appesa ad un filo chiamato speranza.
E anche se verrà il momento in cui perderò completamente la speranza nel genere umano, almeno saprò di aver vissuto sperando per un po’, e già questo può cambiare il mondo.
Anonima