Sono sicuro che non è successo solo a me di perdere le ore per decidere che film vedere e quando finalmente ho individuato il titolo giusto, ho dovuto rendermi conto che ormai erano le 23 e che sarebbe stato più saggio andare a letto, magari in compagnia di un buon libro, piuttosto che imbarcarmi nella visione di un titolo che avrei dovuto interrompere a metà, quando inesorabile fosse arrivato il colpo di sonno delle 23,45.
Questo vademecum non ha la pretesa di insegnarvi nulla, né di imporvi criteri di scelta che forse non sono i vostri, ma sta qui a ricordarci che, in quanto siamo un target, anche le piattaforme hanno da un po’ di tempo, cominciato ad evidenziare nelle loro bacheche, i film a tematica LGBTQ+ chi più e chi meno, quindi la scelta è abbondante e variegata. Cercheremo qui di porre l’accento non solo sui titoli che un bravo gay deve aver visto almeno una volta nella vita, ma anche su alcuni film più di nicchia che costituiscono però delle pietre miliari nella cinematografia gay. Il fatto che molti di questi film io li abbia visti al cinema ai tempi della loro uscita in sala, mi fa sentire terribilmente vecchio. Anzi, “antico”, che è pure peggio.
Su Netflix la scelta è talmente ampia e comprende soprattutto serie e qualche documentario. Ma tra i film non possono mancare Call me by your name, (2017) la trasposizione per lo schermo (con sceneggiatura premio Oscar di James Ivory) che Luca Guadagnino ha fatto del romanzo culto “Chiamami col tuo nome”, dello scrittore di origini egiziane Andrè Aciman. Il film in questione, oltre ad essere di un romanticismo struggente, ha il merito di aver consacrato l’attore canadese Timothée Chalamet e di averlo lanciato nel firmamento Hollywoodiano. Ho incontrato più di una persona che mi ha detto di non volerlo vedere perché detesta Luca Guadagnino e lo considera un sopravvalutato. Ebbene, fanno male, perché questo film è veramente una perla. Un altro bel titolo è The imitation game (2014) dello sconosciuto regista norvegese Morten Tyldum, che valse al protagonista Benedict Cumberbatch l’Oscar come miglior protagonista nel ruolo dell’omosessuale Alan Turing, colui che riuscì a decifrare la macchina Enigma e impedire a Hitler di vincere la guerra. Anche se la ricostruzione dei fatti storici è ampiamente romanzata e piena di forzature, il film ha i suoi meriti e la performance di Cumberbacht è di quelle che restano. Su SKY avete la possibilità di veder alcuni tra i film più belli degli ultimi tempi, come il belga Close (2022) del regista Lukas Dhont, (che già ci aveva incantato con Girl nel 2018) sulla tenera amicizia tra due adolescenti, ma anche Tar (2022) di Todd Field, uno dei fim più intelligenti visti di recente e con una strepitosa Cate Blanchett nel ruolo di una direttrice d’Orchestra (per buona pace di Beatrice Venezi che preferisce definirsi “Direttore”) lesbica, manipolatrice e sull’orlo di una crisi di nervi (non necessariamente in quest’ordine) ma anche Stranizza d’amuri (2023) il tenero debutto dietro la macchina da presa di Giuseppe Fiorello (alias “Fiorellino”) che racconta la triste vicenda di due ragazzi gay uccisi a Giarre e lo fa con un garbo e una sensibilità inconsueta. Gli amori femminili sono molti nella bacheca di Sky, c’è anche il film di Steven Spielberg Il colore Viola, (1985) con Woopy Goldberg, e l’italiano Settembre, opera prima di Giulia Steingerwalt della passata stagione, ma c’è soprattutto La Vie d’Adele (2013) del regista tunisino naturalizzato francese Abdellatif Kechiche. Per la serie: preparate i fazzoletti. Tre ore di amore saffico e lacrime che non possono lasciarvi indifferenti. E non venitemi più a dire che le donne tra loro non fanno sesso ma solo baci e carezze, perché adesso so che non è così.
Su Amazon Prime si trovano bei titoli: io suggerisco senz’altro Weekend (un film inglese del 2011 di Andrew Haigh) che racconta in modo disincantato le dinamiche di approccio nel mondo gay e la difficoltà di distinguere l’avventura di una notte da una storia d’amore. Poi c’è Quando hai 17 anni (2016) del maestro francese Andre Téchiné, che da 50 anni ci regala film bellissimi. Mentre se si pensa al cinema francese più recente vale la pena conoscere Tomboy (2011) opera seconda della regista Celine Sciamma : una famiglia si trasferisce in un nuovo quartiere, e la bambina di 10 anni di nome Laure si presenta come un ragazzo di nome Mikhael. Un altro titolo da recuperare per chi non l’avesse visto, è Tom à la Ferme (2013) del canadese Xavier Dolan, a mio avviso il suo film più convincente, con una regia matura e una tensione narrativa esemplare. Infine, ancor amori al femminile per il cult movie Carol (2015) di Todd Haynes, dal romanzo omonimo di Patricia Highsmith con Cate Blanchett nel ruolo del titolo. Storia di una relazione impossibile tra una signora dell’alta società e la commessa dei grandi magazzini nell’america puritana degli anni ’50. Ricostruzione perfetta delle atmosfere del romanzo, fotografia raggelata e attrici in stato di grazia.
Rai play può regalare qualche sorpresa, come il capolavoro di Luchino Visconti Gruppo di famiglia in un interno (il suo film più autobiografico) del 1974, tutto ambientato all’interno di un palazzo romano dove un professore americano vive rintanato. Lui è Burt Lancaster e il ragazzo di cui si innamora, un gigolò di nome Konrad, nientemeno che Helmut Berger. C’è anche l’esordio di Ferzan Ozpetek : Hamam- il bagno turco (1995), per molti il suo film più bello, e poi Amori in Corso (1989) un gioiello firmato da Giuseppe Bertolucci su due ragazze in trasferta per studiare un esame e che finiranno per non studiare molto.
Su Apple TV si trovano cose interessanti. Come Happy Together (1997) di Won Kar Wai, struggente melodramma che vede i due amanti trovarsi e lasciarsi tra Buenos Aires e Hong Kong. Un altro cult movie è sicuramente Velvet Goldmine, (1998) film imperfetto di Todd Haynes ma con delle scene e delle atmosfere (e una colonna sonora!) da antologia. Tentativo di biografia di David Bowie senza il consenso dello stesso e per questo pieno di compromessi. Ma Ewan Mc Gregor e Jonathan Rhys Meyers sono bellissimi da guardare (questo si trova anche su Prime) Ma ecco che arriviamo ai titoli più recenti, alcuni dei quali usciti poco e male in sala e che meritano una seconda possibilità. Penso al capolavoro della stessa Céline Sciamma di Tomboy, dal titolo Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu) del 2019 dove una pittrice francese del 1770, viene invitata in un’isola remota della Bretagna per provare a ritrarre la giovane figlia ribelle di una nobildonna. Serve dire che finiranno per innamorarsi?
Ma è su Mubi, non a caso la piattaforma del cinema d’autore, che si trovano le cose più belle e ricercate, per cui, se non lo avete ancora fatto, correte ad abbonarvi. La lista è lunga e devo a malincuore sacrificare qualche titolo.. penso al film Paris 05:59 (Theo & Hugo del 2016 della coppia di registi Olivier Ducastel e Jaques Martineau, che oltre questo hanno firmato altri 4 film insieme, tutti molto belli) con un inizio a dir poco hot ma che poi diventa una romantica storia d’amore. Se avete voglia di commuovervi allora i titoli che fanno per voi sono La terra di Dio (anche su Prime) di Francis Lee (2019) che tra le altre cose ha il merito di averci fatto conoscere Josh O’Connor (più noto per aver interpretato il principe Carlo nella fortunata serie The Crown) nel ruolo del pastore dello Yorkshire che si innamora del contadino rumeno. Chi l’avrebbe mai detto che anche i contadini rumeni… etc. C’è il bellissimo film autobiografico del francese Christophe Honoré dal titolo Le Lycéen (2022) ma impropriamente distribuito da noi con un titolo inglese Winter Boy. Un Coming of age dove il giovane Lucas vuole scappare dalla provincia e andare a trovare il fratello maggiore a Parigi, dove scoprirà la città, il sesso e tutto il resto. Molto commovente anche Due, (2019) dell’italiano Filippo Meneghetti con la coppia di lesbiche pensionate Martine Chevallier e Barbara Sukowa (attrice cara a Rainer Werner Fassbinder) costrette a fingere di vivere in due appartamenti separati per non rivelare il loro amore ai figli di una delle due. Ancora amori lesbici ma questa volta permeati della tipica ironia ebraica, con Shiva Baby, (2020) di Emma Seligman, ambientato nella comunità ebrea americana durante un funerale. Vale la pena vedere anche Le Favolose, (2022) curioso film a cavallo tra documentario e finzione ad opera di Roberta Torre, regista discontinua ma che ogni tanto ci prende. Un gruppo di amiche transessauli fa i conti col loro passato e tra foto d’archivio, sedute spiritiche, antichi dissapori e tante risate, cercano di risolvere il mistero di un’amica scomparsa. Ho tenuto i due titoli che preferisco per ultimi. Per una curiosa coincidenza sono entrambi interpretati dall’attore tedesco Franz Rogowski, che va per la maggiore (lo abbiamo appena visto al Lido protagonista del film di Giorgio Diritti). Il primo, del regista austriaco Sebastian Meise, si chiama Große Freiheit (il titolo internazionale è Great Freedom ed è del 2021) è ispirato ad una storia vera. Il protagonista, un uomo sopravvissuto al campo di concentramento, viene arrestato una volta finita la guerra, per il paragrafo 175, quello che sanciva il reato di omossessualità e che sarebbe rimasto in vigore nella Germania dell’ovest fino al 1994 (sic!). L’altro è appena uscito e si chiama Passages (2023) del regista americano Ira Sachs (già autore del tenero “I toni dell’amore”) e oltre il citato Rogowski, vede protagonista femminile la brava Adèle Exarchopoulos ( si, proprio la protagonista del La Vie d’Adele). E il cerchio si chiude.