E poi venne il Covid. Le restrizioni, i limiti, le chiusure che, se in parte, rallentarono lo svolgere attivo del Circolo Mario Mieli, non ne fiaccarono la voglia di continuare a lottare per i diritti della comunità. Nonostante tutto, nel 2021 si celebra un Pride diverso dai precedenti. Un Pride che sopravviveva alla pandemia, gremito da migliaia di persone, e proprio per questo ancora più speciale. A raccontarcelo Claudio Mazzella, presidente del Mieli proprio in quel periodo.
Definirei il Roma Pride del 2021 come il Pride dell’attesa e del ritorno – inevitabilmente legato alle vicissitudini del virus più conosciuto degli ultimi anni: il Covid-19. Ritornare con i ricordi a quel lungo periodo significa fare i conti con tutte quelle restrizioni (il lockdown, il passaggio dalla zona rossa a quella zona arancione, la fase 1 o la fase 2) che ancora ci fanno tremare e sentire come una sensazione di claustrofobia. Tutto questo ha avuto un impatto fortissimo sulla nostra comunità, sulle nostre associazioni, sulle nostre serate e sui nostri Pride. Siamo ormai – e fortunamente, direi – abituat* ad attendere con grande emozione il mese di giugno per veder prender vita tutte le manifestazioni e tutti i Pride che colorano le nostre città. Come dice un mio amico: “il mese del Pride è il nostro dicembre e il Pride è il nostro Natale”. Per questo, ancora oggi, è tremendamente triste pensare alla grande assenza che abbiamo vissuto a giugno del 2020: per la prima volta, dopo 10 anni, il Roma Pride si è dovuto fermare e con esso tutte le celebrazioni che lo precedono, come per esempio la ricca settimana di eventi durante la Croisette. Ma pensiamo anche a come durante la primavera e poi l’estate del 2020 non abbiamo avuto la possibilità di ritrovarci dal vivo, di fare festa, di scendere per le strade, di andare a ballare e di organizzare le riunioni politiche vedendoci di persona. Tutto questo ha creato distanza, assenza e vuoto che come Circolo Mario Mieli – e come sempre, devo dire – abbiamo cercato di colmare in ogni momento e con tutti i nostri mezzi a disposizione, cercando di garantire la nostra presenza (anche se molto spesso non fisica) e di creare nuovi spazi dove incontrarsi (anche se soltanto virtuali). Il nostro impegno è sempre stato quello di dire: “anche se non fisicamente, noi ci siamo”.
Quelli dell’autunno 2020 e dell’inverno 2021 sono stati mesi durissimi: la voglia di riprenderci la nostra vita e i nostri luoghi era tanta, ma abbiamo dovuto lottare con tutte le durissime disposizioni che ancora non permettevano di incontrarci di nuovo dal vivo. Quando immaginiamo la nostra associazione, come prima cosa, inevitabilmente sentiamo il rumore della passerella all’ingresso, le voci di qualche riunione o incontro dei vari gruppi nella sala, la musica delle prove di Muccassassina, il brusio che proviene dal consultorio psicologico sopra le scale d’ingresso, o ancora i passi che provengono dalla segreteria e le voci che si confondono tra una risata e l’altra. In fondo, il rumore è un elemento che ci contraddistingue e che rende la nostra associazione viva e dinamica, animata da persone che vanno e vengono. Ma durante quei lunghi mesi di pandemia e post-pandemia è come se qualcuno avesse abbassato il volume: il Mieli stava lì, con le sue stanze, ma con pochissime persone al suo interno. Oggi, per esempio, chiunque vada al Circolo il mercoledì pomeriggio vedrà all’ingresso, nel corridoio e poi nella sala grande, divers* ragazz* che chiacchierano tra di loro perché quello è il giorno del gruppo giovani. Ma se torniamo a quei mesi, il mercoledì – come ogni altro giorno della settimana, in fondo – l’associazione era pressoché deserta. Oggi, tutto questo sembra un lontano ricordo, ma durante quei mesi è stato drammatico e per quanto non sia mancata la presenza virtuale e siano stati fatti degli sforzi enormi da parte nostra, l’associazione ha inevitabilmente risentito della mancanza di una presenza fisica. È in questo clima – con una associazione pressoché vuota e con l’incredibile impegno delle socie e dei soci, dei lavoratori e di alcun* volontar* – che il Mieli ha proseguito il suo cammino e proprio in quei mesi ha iniziato un lungo lavoro per cercare di organizzare il Roma Pride. Anche in questo caso, chi conosce l’organizzazione del Roma Pride sa che tutte le riunioni del Coordinamento si svolgono in presenza, nel salone del Circolo, ma in quel periodo ciò non era possibile e ci siamo dunque dovuti vedere sempre da remoto. Le parole più frequenti erano diventate ormai “Zoom” o “Meet”. Chiaramente, il fatto di non poterci incontrare in presenza ha reso più complicato organizzare la grandissima macchina che lavora in vista del Pride, ma nonostante questo sono stati fatti degli sforzi incredibili e anche nei momenti più complessi non è mai mancata la volontà di proseguire e l’aiuto da parte di persone che da sempre credono nelle nostre battaglie.
Sentivamo forte la pressione di tutte le persone che erano rimaste “orfane” del Pride del 2020 e che aspettavano di poter scendere finalmente in piazza per poter gridare tutto il nostro orgoglio, così come sentivamo forte anche la necessità di incanalare tutta la battaglia politica che da mesi si stava facendo sulla nostra pelle. Mi riferisco al DDL Zan che in quel periodo era “ostaggio” in Parlamento e contrastato da diverse forze politiche continuando a rimandare la calendarizzazione in Senato. È per questo che era fondamentale, per noi, tornare in piazza: l’assenza da tutti quelli che sono sempre stati i nostri spazi stava portando una narrazione sbagliata e strumentalizzata delle nostre rivendicazioni e dovevamo quindi riprenderceli per farci vedere e sentire. Non volevamo più che fossero altri a parlare per noi. Volevamo che la voce fosse la nostra. Ma per tutto l’inverno e poi durante la primavera 2021, le disposizioni relative alle manifestazioni cambiavano continuamente: da un momento all’altro, si passava dalla zona verde a quella arancione e poi subito a quella rossa – a seconda del numero dei contagi che aumentavano e diminuivano. Organizzare un semplice evento, un dibattito o manifestazione pubblica sembrava un’impresa titanica. Immaginate, quindi, cosa è stato organizzare il Roma Pride in mesi in cui le disposizioni cambiavano da una settimana all’altra. E nonostante questo, non abbiamo mai smesso di crederci e con grande coraggio siamo andati avanti – con il sostegno e l’aiuto de* soc*, delle varie associazioni amiche che compongono il Coordinamento e il grande lavoro della segreteria e dei lavoratori del Circolo che in un momento per loro così difficile hanno speso tantissime energie nella costruzione del Pride.
Intanto i mesi passavano, quasi ogni settimana andavamo in Questura per chiedere se ci fossero cambiamenti, ma l’unica risposta era: “In queste condizioni, non si possono fare grandi manifestazioni”. Finalmente, tra la fine di maggio e gli inizi di giugno, hanno autorizzato il Pride – con un percorso diverso dal solito e senza carri, certo – ma la sensazione di avere il foglio della Questura in mano è ancora una delle emozioni più belle che abbia mai vissuto. Avevamo finalmente una data e anche se con poco anticipo potevamo comunicarla e dire: “Possiamo vederci in piazza dopo tutta questa lunghissima attesa”. Era una delle prime manifestazioni con numeri così importanti ad essere stata autorizzata in Italia e uno dei primi (se non il primo) Pride che ha avuto la possibilità di attraversare la città. Solitamente, la data del Roma Pride viene annunciata con diversi mesi di anticipo: per la prima nella nostra storia, credo, è stata resa nota cinque giorni prima della parata. Sarebbe stata il 26 giugno 2021. Era un inizio – non perfetto, con non poche difficoltà – ma era ciò di cui avevamo bisogno per portare avanti la nostra lotta politica e per ripartire. Quel sabato non ci siamo incontrati nella piazza che ci accoglie da anni, Piazza della Repubblica, ma a Piazza dell’Esquilino – anche senza carri o musica. Eravamo lì e ancora prima di manifestare la sensazione più immediata era quella di esserci ritrovat*. Credo che sia stato quello il punto di inizio: potevamo finalmente rivederci e nonostante tutta la distanza che avevamo vissuto nei mesi precedenti e nonostante tutte le preoccupazioni, ritrovavamo amic* che non vedevamo e non abbracciavamo da molto tempo. Il Roma Pride 2021 è racchiuso in quel ritrovarsi, nel guardarsi finalmente non più attraverso uno schermo o con la linea che cade continuamente, ma nel potersi toccare, stringere e guardarsi negli occhi. Molt* di noi avevano ancora la mascherina, è vero, ma si poteva vedere il sorriso delle persone dagli occhi e la gioia di essere finalmente e nuovamente in piazza.
È stata una manifestazione senza musica, ma che ha fatto un grande rumore, che finalmente camminando per le strade poteva urlare: “Orgoglio e ostentazione”.