«È sufficiente soffrire per redimersi?»
Da una prefazione inedita di Atti impuri e Amado mio di Pier Paolo Pasolini
Domande identitarie
Fin dagli anni della scuola dell’obbligo, per una persona queer, può cominciare a risultare problematico il rapporto con il conformismo e con lo studio di testi che possono riguardare una possibile e frammentata rappresentazione della realtà. È senza dubbio una prassi comune fare i conti con un forzato paragone quotidiano con gli altri studenti e le altre studentesse. Emergono fugaci domande sull’essere normale, o comunque abbastanza normale, per non subire l’emarginazione sociale. Il sentirsi estraniato è comune proprio quanto il voler provare ad assomigliare a una norma prestabilita per paura di non essere inserito. Una norma che continua a essere rappresentata e raccontata da uomini eterosessuali e cis-gender. Eppure, fino al 1800, la normalità era solo un termine matematico, il concetto non era ancora intessuto nelle nostre leggi, nelle nostre strutture sociali e nel nostro sistema sanitario. Come ricorda Sarah Chaney nel suo saggio Sono normale? Due secoli di ricerca ossessiva della “norma” è stato un uomo di nome Adolphe Quetelet a sviluppare il concetto dell’ “uomo medio” (l’homme moyen), pubblicando analisi statistiche in cui si definiva l’uomo medio come la rappresentazione più autentica dell’umanità. «Se oggi noi disdegniamo la mediocrità, per Quetelet essere mediocri significava essere perfetti» aggiunge Sarah Chaney.
Questo vago ideale e obiettivo principale di adolescenti continua a essere radicato nella nostra cultura nonostante l’enorme cambiamento degli ultimi dieci anni su temi inerenti a tematiche lgbtqia+. E, del resto, risulta difficile riuscire a trovare una propria identità e una propria verità in un contesto di estremo conformismo.
Nel momento in cui si cominciano a studiare i testi scolastici arrivano altre problematiche: poiché la maggioranza dei testi è scritta da autori uomini è impossibile non avere una formazione senza uno sguardo irrimediabilmente maschile. Tutto ciò a parte, insegnare a ragionare con un sistema binario limita studentesse e studenti nella consapevolezza identitaria. Nel momento in cui si decide di proseguire gli studi, questo stesso problema persiste e rischia di creare negli studiosi e nelle studiose delle conseguenze relative al pensiero. Come spiega nel suo ultimo saggio Filosofia: maschile singolare il filosofo Lorenzo Gasparrini: «Il problema di una storia del pensiero non neutra secondo il genere è anche che non si è mai posta il problema della neutralità della propria voce, e che in base a questa mancanza ha potuto immaginare e produrre una falsa e ipocrita neutralità dei concetti». Purtroppo, la soluzione non è banalmente aggiungere testi femministi, la radicalizzazione della cultura pone problemi poco districabili: «Per ricostruire, o forse rifondare, una storia della filosofia che non ha tenuto conto di altre voci presenti ed esistenti, non è sufficiente ingrandire quantitativamente un elenco di persone, nominando chi prima era immeritatamente assente, anche se è un’operazione doverosa. Il peso di ogni singola assenza conta come una voce che non si è sentita, causando probabilmente l’assenza di più voci successivamente» conferma Gasparrini.
Un’attenta analisi dei libri di testo può comunque fare una visibile differenza. Oltre alle competenze riassuntive, di sintassi o di ricerca di una morale, è anche possibile girare intorno ai testi per una formazione sociale e intima a partire dai temi affrontati nei romanzi e nei saggi. Tutto ciò che riguarda l’educazione civica, che viene sempre più spesso richiesta nelle scuole, può essere affrontato leggendo e parlandone. È necessario insegnare una lettura più limpida e meticolosa per riuscire ad allontanarsi dalla banalizzazione e dalla retorica dei temi obbligatori sanciti dai vari sistemi di educazione. Il racconto di come debbano essere una relazione o una famiglia secondo la norma occidentale dovrebbe essere discusso a partire dai romanzi di formazione per riuscire ad arrivare a concetti di fluidità e di molteplicità. Non è vero che si chiede agli insegnanti di dover fare tutto: gli si chiede di aiutare nella lettura del mondo. Una persona queer a quel punto capisce senza ulteriori aiuti che la lettura dei romanzi serve anche a scoprire quanto la realtà vissuta in quello spazio e in quel tempo non sia l’unica, ma solo una possibilità.
La lettura come strumento politico
I libri sono lo strumento di lotta prediletto per una persona con una coscienza politica attiva e con il desiderio di una conoscenza e una libertà identitaria. Gli spazi queer in cui è possibile riunirsi sono spesso nati grazie a idee provenienti da saggi e percorsi di emancipazione. Una persona queer oggi può inseguire la lotta che si fa sempre più accesa come può non farlo, ma è chiaro quanto l’attivismo politico e culturale abbia giovato alla serenità di un possibile coming out grazie all’occupazione di spazi fisici e cartacei, le urla nei cortei con citazioni di Judith Butler o l’introduzione di temi specifici all’interno dei Palazzi. Le librerie queer in Italia come Tuba, Antigone o Babele a Roma e Milano, sono un luogo importante di resistenza politica; è in quei luoghi che si trovano molto spesso le risposte che ogni giovane ricerca e che non riesce a affrontare perfettamente sulla rete. Anche sui social, la divulgazione che viene fatta è per la maggior parte prima studiata dai libri femministi e di teorie di genere. La frequentazione di questi spazi rappresenta dunque anche un momento intimo in cui si ragiona sul proprio corpo, sui costrutti sociali e la sessualità.
Nel momento in cui si inizia a leggere che «il genere, imponendo alle donne l’uso di una particolare categoria, rappresenta una misura di dominio e di controllo» – frase scritta da Monique Wittig in The Straight Mind– oppure si ascolta Lea Melandri dire quanto l’uomo sia sempre stato definito individuo e la donna sia sempre stata un genere, cominciano ad arrivare, nelle giovani menti assetate di risposte, numerose idee e aspettative di un futuro di cambiamenti. La lettura incita alla rabbia e alla voglia di mutare un chiaro sistema gerarchico. Ed è da questi input e la realizzazione di vissuti passati che nasce, nella maggior parte dei casi, un desiderio di lotta.
La scrittrice Chiara Valerio scrive spesso sul quotidiano La Repubblica di quanto ci sia una asimmetria democratica: le persone omosessuali oggi hanno tutti i doveri dei cittadini eterosessuali senza avere tutti i diritti. Ed è la principale ragione per cui, ora in Italia, è necessario continuare a fare rumore per ottenere, perlomeno, una parità giuridica.
Sara Innamorati – redattrice di Scomodo che ringraziamo per la collaborazione