AUT Magazine

Una grande lotta di liberazione

“L’attuale comunità LGBTQI+ è il risultato del coraggio e dell’amore per la libertà di chi ha deciso di uscire allo scoperto, di venire fuori dalle zone d’ombra e di buio in cui era stato costretto a vivere”. A mostrarci la sua prospettiva sulla storia del movimento lgbtqia+ italiano è Giorgio Bozzo, conduttore radiofonico, autore radio-televisivo, regista teatrale e autore del prezioso podcast  "Le radici dell’orgoglio", da cui è germogliata la coscienza di un’intera comunità.
La nostra lotta di liberazione.Giorgio Bozzo 2

“Tutte le iniziative che recuperano la nostra storia e la nostra memoria pagano un tributo a tutti coloro che non si sono piegati alla menzogna e alla negazione e che hanno scelto di impegnarsi in una lotta di liberazione ed emancipazione non solo per se stessi, ma per tutti coloro che mai ne avrebbero avuto il coraggio”.

Ho cominciato a raccogliere materiali per ricostruire la storia del movimento e della comunità lgbtqia+ italiana all’inizio degli anni Novanta. Nell’estate del 1992 mi ero recato per una vacanza negli Stati Uniti  e nei primi giorni di permanenza a New York, in una libreria, avevo acquistato un libro appena uscito, intitolato Making History – The struggle for gay and lesbian equal rights, 1945-1990: an oral history, scritto da un giornalista della radio pubblica, Eric Marcus. Marcus aveva preso un anno di aspettativa e aveva girato l’America con un registratore per raccogliere le testimonianze di una serie di attivisti lesbiche e gay, grazie alle quali era riuscito a raccontare il coraggioso percorso del movimento per i diritti delle persone gaylesbiche – allora non si usava ancora l’acronimo lgbtqia+ -, partendo dalle prime timide dimostrazioni della Mattachine Society sino alle imprese più bellicose di Act Up. Quello che mi affascinò del libro era la sua stessa formula: ogni capitolo era la storia di uno degli attivisti intervistati, in forma di racconto personale. La successione di questi racconti disegnava un affresco di quei decenni di lotta, con un carico di umanità che non poteva che stimolare la più convinta empatia nel lettore. Avevo amato in particolar modo il fatto che il metodo Marcus prevedesse la raccolta anche dei ricordi d’infanzia e di adolescenza dei suoi intervistati: piccoli romanzi di formazione collocati in epoche e geografie affatto differenti dell’America del secondo dopoguerra. Divorai le 500 e passa pagine del saggio di Marcus nel giro di pochi giorni e trascorsi il resto della mia vacanza roso dalla curiosità: mi resi conto per la prima volta che non avevo alcuna idea di quale fosse stata la via italiana all’emancipazione della comunità lgbtqia+, chi ne fosse stato protagonista, quali fossero stati i passaggi salienti, quali le battaglie, quali le difficoltà, quali le vittorie, quali le sconfitte, quali gli eroi e quali i nemici. Sapevo solo che una storia di impegno e di lotta senz’altro c’era stata: intanto perché io, immeritatamente, ne godevo gli effetti – che, allora, mi sembravano già importanti e consolidati -; e poi perché avevo cominciato da un paio d’anni a scrivere come collaboratore per Babilonia, una rivista mensile di informazione e cultura omosessuale, che di quel processo di emancipazione e liberazione era evidentemente uno dei risultati.

Nel 1992 avevo 29 anni, avevo fatto coming out in famiglia, con amici e conoscenti già da un paio di lustri, ero abbastanza visibile sul lavoro – quanto meno non negavo alcunché – e avevo un rapporto sentimentale che consideravo solido, con un compagno con cui convivevo da qualche anno. Eppure, non avevo dimenticato – come avrei potuto? – gli anni della mia infanzia e della mia prima adolescenza di ragazzino omosessuale: quella sensazione di oppressione e di solitudine che non mi lasciava mai, quella sottile e costante paura che il mio sergreto fosse scoperto, quell’inquietudine dovuta al non saper identificare con chiarezza i miei desideri e quella tensione erotica che cresceva velocemente, forse addirittura più velocemente della mia stessa età anagrafica. Molto precocemente, il sesso lo avevo scoperto grazie a un vicino di casa più grande: ma non era altro che un esercizio meccanico, un uso senz’altro consapevole dei nostri corpi – quanti fumetti e giornali pornografici ci capitavano in mano in quegli anni, in cui lo stesso mondo degli adulti stava cercando di venire a patti con la liberazione delle proprie fantasie sessuali! -, che, però, non legittimava, anzi atrofizzava, la mia improvvida voglia di provare sentimenti come tutti i miei coetanei, non solo sensi di colpa. Era pur vero che in quella obbligata segretezza, in quella condizione equivalente per molti al peccato, se non alla malattia, in quella libera precipitazione verso gli inferi, io presto cominciai a sentire maturare in me col passare del tempo una incipiente forza interiore, un iniziale barlume di desiderio di emancipazione. In qualche modo, di questo devo essere grato alla politica, che in quegli anni permeava la nostra quotidianità e che – malgrado alcune rigidità ideologiche – ci permetteva di guardare al mondo esterno come a qualcosa di imperfetto e di considerare i giudizi come semplici pregiudizi contro cui combattere.

Con questo non sto certo affermando che i miei compagni del tempo considerassero l’omosessualità come socialmente e politicamente accettabile. Tutt’altro. Ci sarebbero voluti ancora molti anni. Su tutti ho un ricordo. A metà anni Settanta, a Sesto San Giovanni, nel quartiere dove abitavo, c’era un personaggio che – forse suo malgrado – era oggetto di morbosa curiosità e, non di rado, crudeli attenzioni, soprattutto da parte di noi ragazzini. Si chiamava Michelle ed era un travestito. Non ne ricordo i tratti somatici precisi, ma solo un’idea di insieme: una figura femminile dall’aspetto deciso, oserei dire fiero, quasi di sfida nei confronti del mondo circostante. Ne parlo al maschile solo per adeguarmi al contesto del tempo. Allora a nessuno sarebbe venuto naturale parlare di un travestito utilizzando il femminile, non vi era alcuna coscienza del concetto di identità trans: un travestito era un uomo vestito da donna.Quando mi capitava di incrociarlo per strada, ero combattuto tra una non del tutto cosciente ammirazione e l’immotivato timore di doverlo considerare un modello di riferimento possibile per il mio futuro di adulto. Parliamo di anni in cui non erano molte le figure pubbliche di omosessuale e, nella quasi totalità dei casi, esse erano così lontane dalla medietà umana da sembrare pure eccezioni alla norma: più utili a confermarla, la  Norma, che a metterla in crisi. Michelle era un personaggio misterioso, il suo camminare per le vie del quartiere creava reazioni tra il divertimento e lo sdegno. Parliamo di tempi in cui il fatto che un uomo vestisse così temerariamente – e così bene! – abiti femminili non poteva che sembrare un intollerabile atto di provocazione. Tanto esplicito da lasciare annichiliti. Eppure quello del travestitismo, per quanto un novità nelle sue manifestazioni nella quotidianità e alla luce del sole – non come il travestitismo a porte chiuse, praticato da tempo immemore – attirava già da qualche anno l’attenzione di certa stampa: testate come Il Borghese e Lo Specchio ci andavano a nozze, pubblicando frequentemente pruriginosi reportage sulle retate nei locali particolari di Torino o di Roma. La grande fotografa Lisetta Carmi sin dal 1965 aveva scattato molti rullini con le Bocca di Rosa di via del Campo, uno dei primi ghetti omosessuali a Genova, uscendo con un volume nel 1972. Non mancavano le testimonianze dirette degli interessati: la casa editrice M.E.B. di Torino, nel 1970, aveva dato alle stampe il libro autobiografico Io, un travestito di Roberto Franciolini, che negli anni a seguire sarebbe diventato l’attivista Roberta Franciolini, figura di riferimento del FUORI! torinese e tra le fondatrici e le più strenue attiviste  del M.I.T., il Movimento italiano transessuali, nel 1980. Ma noi, ragazzini abituati a giocare in strada, che ne sapevamo?

Credo io fossi in prima o seconda media, uno dei più piccoli della proletaria combriccola del quartiere. Piccole azioni calcistiche interrotte dal passaggio di una macchina nella via. Un palleggio scomposto e il pallone alza la sua traiettoria e finisce a colpire una persona che passa sul marciapiede opposto. Era Michelle. Attimi di silenzio. La sensazione di aver alterato un equilibrio. Poi il mondo si rianima, Michelle recupera la palla, la lancia verso l’alto e quando nella discesa impatta contro il suo piede destro acquista la velocità di un bolide e finisce oltre la recinzione di un campetto privato. Noi rimaniamo per un po’ come imbambolati, mentre l’improvvisato goleador si è già voltato e allungava il passo. Non ricordo chi fu ad urlare “frocio!”. Ricordo però che tutti, anche io, cominciammo a sghignazzare alimentando l’un con l’altro la nostra ilarità. Ho ripensato a questo episodio nel gennaio del 2022, quando abbiamo pubblicato il quattordicesimo episodio del podcast Le Radici dell’Orgoglio, intitolato Chiamami con il mio nome: la battaglia per la legge 164 (1982). Era un monografico sulla nascita in Italia del M.I.T, il Movimento Italiano Transessuali e sulla successiva strenua battaglia per l’ottenimento della riattribuzione anagrafica per le persone transgender. Nel prologo dell’episodio scrivevo:

La storia che stiamo raccontando da settimane con questo podcast è quella di una comunità, che, dopo aver sperimentato l’oppressione, la violenza, la sofferenza e il disagio per la propria condizione indotti da una società stolidamente eteronormata, ha compreso e affermato il valore di sé e ha saputo alzare la testa e combattere per rivendicare la propria identità e i propri diritti negati. L’attuale comunità LGBTQI+ è il risultato del coraggio e dell’amore per la libertà di chi ha deciso di uscire allo scoperto, di venire fuori dalle zone d’ombra e di buio in cui era stato costretto a vivere. Questa consapevolezza ci ha sempre accompagnato nella raccolta del materiale e nella scrittura delle Radici dell’Orgoglio. Ma l’episodio di oggi ci ha regalato – se possibile – un senso di orgoglio ancora più forte e determinato, perché parla di persone che, per quanto vessate, derise, disprezzate, anziché nascondersi o adattarsi, hanno scelto di liberare fieramente il proprio corpo dalla sudditanza di un genere in cui non si riconoscevano. Le persone transessuali sono state giocoforza alfieri della visibilità. Una visibilità che ha avuto un caro prezzo in termini di violenza e che, quando faceva capolino sui mezzi d’informazione, era solo per dare sfogo a pruderie e senso del grottesco. 

Credo che la passione spesa nel confezionare quell’episodio sia stato un modo per chiedere, a distanza di così tanti anni, scusa a Michelle – e con lei a tutte le Michelle di quegli anni duri e cattivi – per quella sciocca risata e, soprattutto per quel “frocio” – che oggi so essere del tutto fuoriluogo – che avevo condiviso con i miei compagni di allora. Oggi mi è chiaro chi tra noi fosse davvero libero. Lei, malgrado lo stigma e la discriminazione, aveva fatto una scelta coerente con ciò che sapeva di essere. Io, ridendo, mi stavo ancora condannando alla menzogna e alla negazione.

Il podcast Le Radici dell’Orgoglio e tutte le iniziative che recuperano la nostra storia e la nostra memoria vogliono pagare un tributo a tutti coloro che non si sono piegati alla menzogna e alla negazione e che hanno scelto di impegnarsi in una lotta di liberazione ed emancipazione non solo per se stessi, ma per tutti coloro che mai ne avrebbero avuto il coraggio. L’orgoglio che oggi proviamo lo dobbiamo a loro.

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Tabù di genere e percorsi trans: la necessità di un cambio radicale.

Luca Ragazzi
La sessualità tra gli anziani nel cinema: oltre il tabù 

Desiderio e intimità: rappresentazioni della sessualità tra anziani, oltre gli stereotipi. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
Lo stigma della depressione

Intervista al Trio Medusa, ambassador della campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”.

Valeria Scancarello
Il “peso” dello stigma: centimetri della mia storia

Affrontando la grassofobia: una riflessione personale sulla società e l’accettazione di sé.

Egizia Mondini
L’editoriale – Nuove mappe per orientarsi

C’è venuta voglia di indagare nuove geografie, zoomando sui dettagli, sbirciando dentro i vicoli delle nostre sfumature, vedendo fino a che punto ci siamo spinti alla scoperta di nuovi territori, ridisegnando la mappa del nostro ecosistema. Ne è emersa una nuova cartografia della comunità lgbtqia+, e non solo, intrigante e stimolante, ma con confini mai troppo definiti. Non vi resta che sfogliare l’atlante insieme a noi.

Isabella Borrelli
Il linguaggio inclusivo fa schifo

“Vi inventate sempre nuove parole” è l’accusa più diffusa e fessa mai fatta alla comunità lgbtqia+. Il linguaggio neutro ha provato a proporre nuove mappature che scardinassero il maschile universale. L’utilizzo di linguaggi neutrali e non binari ha avvistato una nuova terra del linguaggio queer. La rottura del paradigma, della norma e del cambiamento è invece non solo qualcosa a cui aspirare ma una pratica politica. E’ anche attraverso il cambiamento e sovvertimento del linguaggio che pratichiamo la nostra dissidenza. E affermiamo la nostra esistenza. 

FRAD
Non si può più dire niente?

Sembra l’argomento del momento, anche in bocca a chi ancora fa fatica a capirne il senso. Un senso prima ancora umano che politico. E allora noi, abbiamo pensato di prenderci anche un po’ in giro. Per non farci dire che ci prendiamo sempre e solo troppo sul serio. E chi meglio di FRAD poteva riuscirci? Ma davvero con noi persone LGBQTQIA+non si può più dire niente? E non si può scherzare? Per fortuna ci sono le vignette di Frad.

Antonia Caruso
È davvero inclusivo parlare inclusivo? 

Abbiamo iniziato davvero a credere che cambiando le parole sarebbe cambiato il mondo. Se non ché, il resto del mondo continua a non saper né leggere né scrivere e la lingua del futuro non sarà sicuramente l’italiano.

Jennifer Guerra
Il movimento trans-femminista oggi in Italia

Non solo grandi città. Dalle Case delle donne ai centri antiviolenza; l’importante rete di supporto della rete transfemminista italiana cresce nei piccoli centri con oltre 150 gruppi e iniziative.

Gayly Planet
Le nuove geografie del turismo LGBTQIA+

Dai Grand Tour ai Gay Camp: il turismo LGBTQIA+ in Italia racconta la storia della nostra comunità, dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Vincenzo Branà
L’importanza dei pride di provincia

Piccoli centri, grandi Pride: dal caso di Latina a quello di Campobasso, dalla crescita di Ragusa all’abbraccio orgoglioso di Lodi. E se la politica LGBTQIA+ ripartisse da qui?

Alessia Laudoni Moonday_yoga
Mappe corporee: un viaggio affascinante di connessione e consapevolezza 

Chakra e identità, la connessione tra corpo e spirito è un viaggio di consapevolezza e integrazione che porta allo svelamento del proprio sé al resto della comunità.

Livia Patta
Una mappa verso il Sé: le costellazioni familiari

Accettazione e identità, liberando il passato e imparando dal lessico familiare. Il potere dei legami relazionali cambiano vite, costruiscono comunità, generano galassie.

Luca Ragazzi
Guida per orientarsi nelle piattaforme on demand

Se parliamo di mappe per orientarsi, allora sappiamo bene quanto possa essere utile una guida per non perdersi nei meandri labirintici e infiniti dei film a tematica lgbtqia+ delle library delle piattaforme on demand. Questa la nostra.

Alessandro Michetti
Via Balilla, è così che dovrebbe andare il mondo

Esplorando uno dei quartieri più accoglienti della comunità LGBTQIA+ a Roma, protagonista del documentario “Noi qui così siamo” di Maurizio Montesi.

Collettivo “La Gilda del Cassero”
Geografie queer dal pianeta nerd

La Gilda di Bologna da anni promuove i giochi da tavolo come strumento di impatto sociale e politico per le persone LGBTQIA+, battendosi per una giusta rappresentazione e decolonizzazione degli immaginari ludici.

Mohamed Maalel
Palermo è la mappa del mio corpo

Un diario pieno di coordinate alla ricerca di ricordi, aspettative e identità, nella capitale più LGBTQIA+ della Sicilia. Il racconto intimo e personale di un pugliese, per metà tunisino, che lascia la sua terra per un posto tutto nuovo: la Palermo di oggi.

Nicolò Bellon
Guida agli uomini passati di qua

Tra le note di Milva e Dalla, tra le strade di Roma e Biella, il giovane scrittore Nicolò Bellon disegna una mappa di ricordi, sentimenti e malinconie.

Alessandro Michetti
Chieti, la provincia che vive in mille città

Vivere l’identità LGBTQIA+ nei piccoli centri e il bisogno di spazi sicuri e protetti dall’omotransfobia: un’intervista al consigliere Arcigay di Teramo, Fabio Milillo.

Edoardo Tulli
Per una città diversa in una società di uguali

Una lotta che dal 1994 arriva a oggi: un progetto di riqualificazione per rompere i confini e accogliere la comunità del Palazzo Mario Mieli nel quartiere San Paolo a Roma.

Giacomo Guccinelli
Asessualità e aromaticismo. Identità politiche e narrativa dell’assenza

Le persone aroace, asessuali e aromantiche, sono identità che problematizzano, mettono in dubbio e si sottraggono da ciò che la maggioranza pensa sia normale all’interno delle dinamiche relazionali. Disegnando nuove geografie dei rapporti.

Simone Gambirasio
Corpi disabili, corpi invisibili

I luoghi di visibilità LGBTQIA+ sono davvero così accessibili per le persone con disabilità?

Antonia Caruso
Occhio non vede, cuore non vota

L’invisibilità si crea con l’esclusione dal campo visivo, è un processo attivo e selettivo per annullare l’essenza dell’altro. Ed è soprattutto all’interno della popolazione trans che troviamo un gatekeeping interno.

Stephan Mills
Il mio corpo intersex invisibile

Perché così poche persone conoscono la realtà intersex? E’ tempo di rendere più visibile una realtà ancora troppo poco conosciuta: quella dei corpi intersex. Un percorso di lotta per ottenere i cambiamenti desiderati e di accettazione degli aspetti che non vogliamo cambiare. 

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
L’editoriale: Invisibili

Essere visibili è un atto politico, di autoaffermazione, autodeterminazione e affrancamento, ma anche un’urgenza esistenziale, oltre che di condivisione. Perché “fuori dalla collettività c’è solo la mitomania”. 

Aldo Mastellone
Comunità trans nello sport: quando rendersi visibili è rivoluzione

La situazione delle persone LGBTQIA+ nello sport agonistico. Intervista a Guglielmo Giannotta, Presidente di ACET, Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere.

Ambra Angiolini
Come la politica e l’economia sfruttano la nostra invisibilità

Far tornare le nostre diverse identità gli unici luoghi davvero interessanti da visitare, è la rivoluzione che dobbiamo mettere in atto.

Francesco Lepore
Sacerdoti omosessuali al bivio

Da una voluta invisibilità al bisogno di coming out. Anche in Vaticano.

Daniele Coluzzi
L’omosessualità nella letteratura italiana: una storia di invisibilità

Da Michelangelo a Tasso, come gli artisti hanno usato le loro opere per celebrare i propri amori.

Paolo Di Lorenzo
Il “cucciolo” che spaccò l’America in due

Il coming out di Ellen DeGeneres e una Hollywood piena di armadi che non fu più la stessa.

Loredane Tshilombo
Black Queerness: quando sei abituato a essere invisibile

Nella presunta visibilità queer conquistata c’è l’invisibilità delle persone non bianche: il dibattito politico e la sfida del rispetto sociale in una società che riesce a convivere con più di venticinquemila persone black and brown morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni.

Luca de Santis
Come sta cambiando l’identità fascista

I simboli nostalgici si legano a felpe alla moda, gli smartphone branditi al posto di bibbie e crocifissi, spariscono le divise militari scoprendo corpi muscolosi e cappelli di pelliccia. “Etero Pride”, “All lives metters”, “Libertà di essere madri”: i nuovi fascisti si appropriano dei nostri riferimenti e delle nostre parole, per mostrarsi più accettabili ma mantenendo gli strumenti di sempre: violenza e oppressione.

Luca Ragazzi
Quando il cinema queer era invisibile, o quasi

Veloce rassegna dei film italiani che hanno contribuito alla lotta per i diritti LGBTQIA+.

Matteo Albanese
Bisessualità: un orientamento doppiamente al margine

Secondo la comunità gay e lesbica, i bisessuali sono uomini gay velati e le bisessuali donne etero opportuniste. Secondo la società eterosessuale le persone bisessuali sono ingorde e insaziabili a livello sessuale, più portate alla promiscuità e alla non-monogamia. Non c’è da stupirsi che il pensiero bisessuale sia praticamente sconosciuto in Italia. Più invisibilità di così…

Mohamed Maalel
Non sono più un uomo

Un racconto inedito che parla di multiculturalità, identità, invisibilità.

Ali Bravini
Fuori dai binari: una prospettiva che sfida le convenzioni di genere

Se un Dio esiste è sicuramente non binario. Allora chi siamo noi umani per pretendere di doverci descrivere come maschi o femmine? E’ necessario restituire consistenza a prospettive invisibilizzate da un binarismo imposto che da secoli caratterizza la nostra cultura e spesso anche la visione della nostra comunità LGBTQIA+.

Roberto Gualtieri
40 anni di storia nella città di Roma

L’obiettivo dell’Amministrazione romana è quella di rendere la città sempre più accogliente, giusta e in ascolto. Una sfida che deve essere vinta assolutamente.

Egizia Mondini e Alessandro Michetti
The Luxurian Age of Muccassassina

Intervista a Vladimir Luxuria, ex direttrice artistica di Muccassassina. Per scoprire come nasce un mito.

Antonia Caruso
In questa notte tutte le vacche sono gay

Chissà se a Mario Mieli avrebbe fatto piacere diventare mariomieli, martire, eroina, poeta e anche stencil. Antonia Caruso ha tratteggiato per noi un suo personalissimo ritratto, irriverente, ironico, punk, di quel Mario Mieli di cui portiamo il nome da 40 anni. Un Mario Mieli eccessivo ma mai eccedente. 

Monica Cirinnà
Unioni civili, divisioni politiche

Più che il percorso di una legge, un’epopea omerica, fatta di insidie, tradimenti e successi che alla fine hanno portato al (desiderato?) approdo. A ripercorrerlo insieme a noi è Monica Cirinnà.

Mario Colamarino
Il Mario Mieli è di nuovo Aut

Il Magazine del Circolo è tornato in circolazione, stavolta on line. Il Presidente del Circolo Mario Mieli, in veste di editore, ci spiega la spinta che ha portato a questo ritorno.

Isabella Borrelli
Si è fr**i anche per il culo degli altrə

Chi era Mario Mieli? L’intellettuale, il filosofo, lo scrittore, l’avanguardista? A proporci una sua rilettura è Isabella Borrelli, attivista lesbofemminista intersezionale.

Vanni Piccolo
Da AMOR al Mieli

Il Circolo Mario Mieli secondo Vanni Piccolo, presidente dal 1984 al 1990.

Deborah Di Cave
La storia di un circolo a cui devo anche un po’ la mia

La prima presidentessa nella storia del Mario Mieli ci racconta il suo Circolo.

Sebastiano Secci
Pride e Resistenza

Era il 2019 e gridavamo: chi non si accontenta lotta. A raccontarcelo, l’allora presidente Sebastiano Secci.

Rossana Praitano
Anniversario di rubino

Rosso come il rubino simbolo di quest’anniversario e come la passione per l’attivismo politico della ex presidentessa Rossana Praitano

Emiliano Metalli
Teatro di lotta: Norme, Traviate e Mieli on stage

Una retrospettiva su Mario Mieli drammaturgo. Perché sì, fu anche questo.

Emiliano Metalli
Mario Mieli autore, regista, costumista, scenografo, truccatore: qualcosa di magico

Osserviamo Mario Mieli attraverso la lente del teatro: una figura di intellettuale complesso, agitatore culturale, politico dissacrante, controcorrente, avanguardista, spesso inarrivabile e in anticipo su temi e metodologie. 

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