Al cinema siamo abituati a vedere di tutto. Eppure, un tabù è ancora rimasto intatto: la sessualità in tarda età. Sono pochissimi i film a trattare l’argomento, e ancora meno quelli che arrivano a mostrare l’atto sessuale di persone anziane. Ma c’è una spiegazione? Cosa c’è dietro? L’assenza di rappresentazione del corpo anziano e un intramontabile bias culturale: i “vecchi” non sono interessati al sesso. Per fortuna qualche eccezione c’è. Ecco un’antologia dei film che trattano (bene) l’argomento.
I film degli ultimi anni ci hanno abituati a vedere di tutto. L’asticella del pudore si è spostata di pari passo con la noia. Ormai, scandalizzare lo spettatore, o almeno sperare che si nasconda gli occhi dietro le mani, è un’utopia. Ci hanno mostrato tutto, nel dettaglio. Dall’ago che entra nella vena alla ferita purulenta, dal nascituro che viene al mondo tra le urla atroci della puerpera, alla persona che va in bagno in tempo reale fino a quello che fa sesso in modo talmente realistico da chiedersi giustamente se stiamo vedendo un film porno o se gli attori abbiano fatto ricorso alle controfigure. Abbiamo imparato a non schifarci quando un attore vomita (tanto lo sappiamo che mica è vomito vero, suvvia!) a non temere per la sua incolumità quando schizza fiotti di sangue per una mutilazione inaspettata. Sappiamo che molte volte si tratta di effetti speciali, di trucchi, di controfigure. Abbiamo cominciato a familiarizzare con la visione di corpi nudi, non necessariamente femminili, quelli c’erano dagli albori della settima arte, basti pensare al primo nudo integrale (di Hedy Lamarr nel film Estasi del 1934), ma anche maschili (fece epoca negli anni ’90 il nudo di Harvey Kietel in Lezioni di Piano o ne Il cattivo Tenente). Sappiamo perfettamente, vedendo un film, che quei due finiranno a letto prima dei titoli di coda e che siamo persone di mondo, che non arrossiscono per così poco.
Tuttavia un tabù riguardante la sessualità rimane ancora intatto, ed è il sesso in tarda età. Sono pochissimi i film a trattare l’argomento, e ancora meno quelli che arrivano a mostrare l’atto sessuale di persone anziane. Ma c’è una spiegazione per questo, anzi due. In primis, la negazione della rappresentazione del corpo anziano, evidentemente ancora non sdoganato. E poi, il grande, e a quanto pare, ancora intatto pregiudizio che vuole i “vecchi” non siano interessati al sesso. Dimenticando però che da 25 anni, o giù di lì, l’entrata in scena della famigerata pillolina blu (quella che comincia con la V per capirsi) nella vita domestica delle coppie ha cambiato totalmente le dinamiche, incoraggiandone delle nuove.
Se una volta un uomo, con l’avanzare dell’età, sapeva che doveva deporre le armi e dedicarsi alle parole crociate o al monitoraggio dei cantieri, adesso non ci pensa lontanamente e anzi ostenta spavaldamente la sua spada (o la sua clava?).
Anche la sessualità femminile è stata definitivamente sganciata dalla funzione di mera riproduzione per la sopravvivenza della specie, anzi, sono anni ormai che abbiamo acquisito che le donne possono (devono, vogliono) provare piacere e che i femminismi si occupano di riportare la centralità del piacere nel corpo delle donne, anche e soprattutto in quello non solo giovane.
Quindi è più che logico che da qualche anno anche il cinema si sia occupato di corpi anziani e delle loro pulsioni amorose e sessuali (le due cose, si sa, non devono necessariamente andare a braccetto). Certo, lo hanno fatto perlopiù con delle commedie, perché attraverso questo genere è più facile affrontare tematiche incresciose, imbarazzanti, se non disturbanti. E poi, si sa, la commedia è il genere più amato dagli spettatori, quindi quello che ha maggiore possibilità di avere un impatto incisivo sulle masse.
Ne Il matrimonio che vorrei, (Hope Springs 2012) di David Frankel (già regista de Il Diavolo veste Prada) la vicenda prende le mosse dal tentativo di salvare un matrimonio e recuperare la propria sfera sessuale da parte di una coppia di mezza età formata da due fuoriclasse: Meryl Streep e Tommy Lee Jones che, con l’aiuto di un terapista (e la scena in cui lei dovrebbe familiarizzare con la fellatio usando una banana è molto esilarante) cercano di rinvigorire una relazione monotona e stantìa.
Dello stesso anno Marigold Hotel, (2012) per la regia di John Madden (quello di Shakespeare in Love). I personaggi qui sono addirittura sette, ognuno con una caratteristica diversa, ma tutti decisi a non sentirsi vecchi o almeno un po’ più giovani di quel che sono, compresa una straordinaria Maggie Smith (che giovane non è stata mai, neanche a 15 anni). L’incontro tra i personaggi avviene in India, e si sa, quando si è lontani da casa in un luogo esotico, si è più propensi a lasciarsi andare. C’è anche Tom Wilkinson, un attempato omosessuale in cerca di un suo antico amore. L’abbraccio tra i due amanti ritrovati conferma che il desiderio sessuale non svanisce con l’età.
Il tema dell’omosessualità è presente anche in Beginners, (2010), per la regia di Mike Mills, interpretato da Ewan McGregor e Christopher Plummer che per questo ruolo ha vinto sia l’Oscar che il Golden Globe come non protagonista. Interpreta un irreprensibile padre che a 79 anni decide di rivelare al figlio la propria omosessualità a lungo nascosta, stanco di essere un gay “nell’armadio”. Così si butta a capofitto nella sua nuova vita a caccia di un’avventura auspicando che possa diventare una relazione. Nel film il tabù non appare mai essere l’età: essa viene trattata con naturalezza, dimostrando quanto sia naturale avere certi desideri in ogni fase della vita. Il figlio, Inizialmente sorpreso di questo coming out tardivo, assiste al radicale cambiamento del padre che inizia a frequentare locali, andare alle feste e finanche a fidanzarsi con un ragazzo molto più giovane di lui.
In Cloudburst – L’amore tra le nuvole (2011) di Thom Fitzgerald, (che nel 1997 aveva debuttato con il bel Il giardino dei ricordi), mescolando commedia e dramma, e sorretto da due attrici straordinarie come Olimpya Dukakis (vincitrice dell’Oscar nel 1988 per il suo ruolo in Stregata dalla luna) e Brenda Fricker (l’attrice irlandese, vincitrice dell’Oscar alla miglior attrice non protagonista nel 1990 per l’interpretazione ne Il mio piede sinistro) danno vita ad una coppia di anziane lesbiche che fuggono dalla casa di riposo dove risiedono e volano in Canada a sposarsi. Si ride e si piange, come si suole dire.
Purtroppo invecchiare significa anche fronteggiare gli acciacchi del tempo e le malattie, che nel peggiore dei casi possono essere letali. Quindi è inevitabile che questi film debbano fare anche i conti con questo fattore.
Come la coppia lesbica in Deux -Due (2019) un bellissimo film drammatico, diretto da Filippo Meneghetti, con Barbara Sukowa e Martine Chevallier. Un film tenerissimo che mette in luce le molteplici problematiche in cui incorre una coppia che per svariate ragioni è costretta a vivere nella clandestinità, quando una delle due si ammala ed è ricoverata in ospedale.
A fare da perfetto contraltare a questo film, abbiamo l’americano Love is Strange (I toni dell’amore 2011) di Ira Sachs (regista di Passages, ora in sala) con Alfred Molina e John Lithgow, una coppia gay che vive insieme da 39 anni. la prima scena del film li vede dormire insieme abbracciati, con le ganbe intrecciate, come è intrecciata la loro quotidianità in un appartamento di Manhattan. Ben è un artista mentre George è insegnante di pianoforte e dirige il coro dei ragazzi di una scuola cattolica. Tutto va bene fin quando non decidono di sposarsi, al ché tutto il loro mondo gli crollerà addosso. La scuola cattolica, che aveva dimostrato tanta apertura mentale, licenzia George in tronco per aver pubblicamente ufficializzato quello che secondo loro può essere tollerato solo se rimane nella sfera privata.
Amour (2012) Palma d’oro al festival di Cannes e Oscar per il miglior film straniero, è diretto dal regista austriaco Michael Haneke, quello per intendersi de La pianista. E vede due mostri sacri del cinema francese come Jean-Louis Trintignant (l’indimenticato protagonista de Il Sorpasso e Il Conformista) e la meravigliosa Emmanuelle Riva (Hiroshima Mon Amour) nei panni di una coppia di ottantenni, insegnanti di musica in pensione. Quando lei ha un malore, la stabilità del rapporto tra i due viene messa a dura prova. Un film disperatamente sincero sulle dinamiche di una coppia anziana, sull’amore che rimane, sulla tenerezza e la complicità, fino alla fine.
Una trama analoga quella di Vortex del regista francese Gaspar Noé. Un film del 2021 con Dario Argento per una volta attore, e Françoise Lebrun, (che nel ’73 fece innamorare più di una generazione nel ruolo di Veronika ne La Mamain et la Putain). Questa volta è l’Alzheimer ad irrompere bruscamente come solo lui sa fare, nella tranquilla vita di una coppia di lungo corso con in più un figlio con problemi di tossicodipendenza (si sa che le sfortune non vengono mai da sole). Sono di una tenerezza infinita questi due vecchietti alle prese con le medicine, con i badanti e con i ricoveri coatti. Ci è dato pure di vedere Dario Argento, dall’alto dei suoi 80 anni e passa, farsi la doccia (ironico epigono di Edwige Fenech), cosa invero che supera per certi versi le paure ancestrali che ci ha fatto provare con i suoi film, da Profondo Rosso in poi. Mentre ahimé non assistiamo al coito tra i due amanti. Sarà per la prossima volta. Eppure era lo stesso Gaspar Noé che aveva rivelato di sé un’indole da perfetto Voyeur immortalando Monica Bellucci e Vincent Cassel fare l’amore (per davvero?) in Irreversible. Chissà perché stavolta non se l’è sentita.
Non ci viene risparmiato nulla invece nel cult-movie Settimo cielo (Wolke 9 del 2008) del regista tedesco Andreas Dresen. Se fino ad ora nessuno si era spinto così oltre, lui lo fa. Dopo aver vinto nel 2002 l’Orso d’argento al Festival di Berlino con Catastrofi d’amore, in cui già indagava le dinamiche all’interno del matrimonio, questa volta torna ad affrontare lo stesso argomento ma lo fa parlando di una coppia anziana.
L’amore sboccia inaspettato e irruento tra una coppia di anziani, Inge, poco più di 60 anni e Karl, di 76. Lei, dapprima restìa, in seguito si lascia andare a una passione impetuosa. E’ forse la prima volta nella storia del cinema che vediamo scene di sesso esplicito tra anziani rappresentato per quello che è, con la pelle avvizzita, i seni cadenti, le macchie di fegato sulle mani. Eppure c’è una poesia, un’autenticità rara in questo film.
Dialoghi stringati, assenza di musica, quasi fosse un film dei fratelli Dardenne, ciò nonostante restiamo incollati allo schermo, rapiti dall’autenticità di questa storia. Inevitabilmente ci rendiamo conto che più che il sesso tra anziani, il vero tabù è proprio l’idea di diventare vecchi. Ci immaginiamo come saremo noi tra qualche anno e ci rendiamo conto, finalmente, che la vita merita di essere vissuta appieno, in tutte le sue fasi e che, dal momento che pare ormai certo non ci sia nessun paradiso ad aspettarci, tanto vale godercela fino in fondo. Ruga dopo ruga.