Quest’anno non dovremo aspettare la notte di San Lorenzo per vedere delle meteore attraversare il cielo, e non servirà neppure stare a testa in su per avvistarle, piuttosto basterà puntare il nostro sguardo verso gli spazi di Roma Smistamento fino al 15 giugno e di BASE Milano dal 21 al 29 giugno. A sprigionare l’energia detonatrice queer sarà il METEORE Fest – Lo spazio è queer. Dopo le esperienze degli scorsi anni con Ultraqueer e Queer Pandèmia, TWM Factory continua la sua ricerca sulle essenze del queer attraversando lo spazio delle arti performative mettendo in campo workshop, laboratori, talk, installazioni e performance che esplorano il tema dello spazio: sono pratiche artistiche che assumono importanza proprio nella compartecipazione dell’atto creativo, che lascia un’impronta visibile o effimera, e costruisce spazi ibridi e magmatici, ora riconoscibili e abitabili. Ne parliamo con Carlo Settimio Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco di TWM Factory.
Le meteore sono corpi celesti che lasciano spesso solo fugaci scie di luce, altre volte invece (a quanto ci dicono gli scienziati) sono state delle “scialuppe” cosmiche che hanno portato sulla terra quegli elementi formativi e nutritivi dai quali si è poi sviluppata la vita. Come dobbiamo salutare invece le vostre Meteore?
La queerness si è sempre scontrata con un campo semantico legato allo spazio: dalla connotazione uranistica dell’omosessualità, alla mostrificazione delle identità non conformi, si assiste poi a un fenomeno di riappropriazione che vede l’alieno protagonista di copertine famose come quella della storica rivista Fikafutura, fino alla raccolta di Paul B. Preciado «Un appartamento su Urano». La meteora è allora un simbolo che collega lo spazio astronomico a quello terrestre, lascia una scia visibile e nell’impatto con la superficie produce un cratere, che noi immaginiamo come luogo da rigenerare, riabitare e trasformare attraverso pratiche artistiche che diano visibilità alle identità queer. La scia luminosa è metafora della visibilità che vorremmo produrre, nonché del fenomeno di riconoscimento che speriamo di innescare nel pubblico; il cratere, invece, è lo spazio urbano che vogliamo riabitare attraverso nuove pratiche artistiche inclusive.
Molto spesso iniziative come la vostra partono da un’urgenza, dal desiderio di condividere una visione. Raccontateci le vostre.
I nostri primi progetti, Ultraqueer nel 2022 e Queer Pandèmia nel 2023, ragionavano proprio sulle essenze della queerness: due esposizioni che si proponevano di raccontare pratiche, all’apparenza estranee, attraverso le quali le identità LGBTQIA+ conquistano uno spazio di rappresentazione nella società. L’intenzione era proprio quella di riappropriarsi delle narrative che definiscono il “diverso”. Con Meteore Fest gli obiettivi non cambiano, vogliamo valorizzare le pratiche artistiche queer perché pensiamo che siano uno strumento efficace di riappropriazione degli spazi, nonché di celebrazione di tutte le identità marginali. Vogliamo valorizzare e rappresentare l’arte contemporanea che trova spazio con difficoltà nella scena istituzionale. Il festival però rompe la rigidità degli schemi espositivi tradizionali e tenta di esaudire l’urgenza di creare un legame comunitario, prima tra performer e pubblico, poi tra lɜ variɜ partecipanti attraverso iniziative condivise: performance, laboratori, workshop e spazi di dibattito.
In un contesto dove i social hanno creato confronto, connessioni sì ma virtuali, voi state proponendo una serie di eventi dove l’aggregazione è fisica e reale. Credete che stia cambiando il modo di condividere i contenuti?
Lo spazio del digitale rimane di grande importanza per una comunità che ha allargato il suo palcoscenico dallo spazio domestico al world wide web proprio attraverso il virtuale, ma le pratiche performative e partecipate diventano un momento fondamentale nella creazione di una comunità attiva e concreta. Pensiamo che nella liveness e nel qui e ora, quindi nella performance stessa, negli scambi umani, risieda lo strumento fondamentale per coinvolgere comunità reali, fatte di corpi desideranti di esprimersi, di partecipare alla vita artistica così come a quella politica. La struttura-festival rende tutto questo possibile anche attraverso i momenti che separano gli happening: abbiamo semplicemente invertito l’ordine dello sharing, se gli incontri tra persone queer avvenivano (e avvengono tuttora) spesso in un passaggio dal virtuale al reale, un palinsesto partecipato come questo invita invece la partecipazione collettiva che poi ha un rapido sviluppo sulle piattaforme.
Creare un programma coerente e aggregare contenuti e artist3 è un lavoro estremamente complesso (lo abbiamo imparato dal Festival di Sanremo che accende i motori 10 mesi prima del debutto). Quali sono stati i criteri di composizione degli eventi di Meteore?
Ogni evento si costruisce intorno ai concetti di queerness e spazio: mostre, performance, dibattiti e workshop hanno tutti lo stesso valore artistico e partecipativo nella costruzione di un palinsesto che speriamo restituisca la complessità della comunità e delle sue identità. L’indagine curatoriale è stata indirizzata proprio su una pluralità di linguaggi che potessero coinvolgere pubblici diversi rispetto a visioni non omologate ed emergenti: le sound performance di Egeeno e Thomas Valerio, la poesia performativa di Questa Cosa Queer, le voci e le storie di Antonia Caruso e Giorgio Umberto Bozzo si sedimentano negli archivi della nostra ricerca affianco alle armature in cartapesta di Franca Fungo e alle sagome del collettivo plurale. Costruiremo spazi politici con la riscoperta dei materiali dell’Archivio Omologie con Eleonora Sabet e con il laboratorio naturale dell’artista e attivista Elena Zecchin. La performance non si limita a essere “spettacolo”, ma esplora canali comunicativi e partecipativi attraverso le forme laboratoriali di Giulia Cauti e Selenia Marinelli che con BioQueer Tectonics includeranno il pubblico nella creazione di bioplastiche, rendendo l’architettura una pratica inclusiva e un’interfaccia per una coesistenza multispecie. Tutti gli interventi indagano spazi diversi: lo spazio del club come luogo politico e di aggregazione attraverso la musica, lo spazio urbano invaso dalle manifestazioni e dai corpi eroticizzati, lo spazio politico dell’ascolto e dell’editoria indipendente.
Per avvistare meglio le traiettorie di queste Meteore, ecco il vostro telescopio.