Chiamarla serata, evento o discoteca è da sempre stato riduttivo. Muccassassina è uno spettacolo, quasi un musical roboante la cui regia, dal 2005, viene messa in scena da Diego Longobardi. Che ci ha raccontato la sua Mucca.
Partiamo dalle origini. Come sei approdato a Muccassassina?
Era l’ormai lontano 2005. Io allora facevo altro, ero un attore, mi occupavo di produzioni cosa che quando posso faccio ancora, ed ero un appassionato di musica. Quindi ogni tanto quelli di Mucca mi chiedevano qualche suggerimento, consigli, ma nulla di ufficiale. Poi un pomeriggio d’estate mi citofono a casa: era Rossana Praitano (ex presidente del Circolo Mario Mieli). C’era una situazione precaria a Mucca, le cose non andavano benissimo, quindi mi propose di occuparmene. E forse, per convincermi di più aggiunse: “alla fine si tratta pur sempre una messa in scena, quasi come uno spettacolo teatrale”. Mi presi qualche giorno di tempo per rifletterci, per decidere anche perché questo significava abbandonare quello che stavo facendo, consapevole del fatto che si sarebbe trattato di un lavoro a tempo pieno. Magari si pensa che organizzare una festa sia semplice ma se vuoi farlo a certi livelli occorre davvero molto tempo e impegno. A riguardo, dopo tutti questi anni, se devo fare un bilancio, sono grato a Mucca per il tanto che mi ha dato ma si è presa anche molto della mia vita privata: è un dare e avere, sempre.
Tu hai raccolto il testimone di Vladimir Luxuria che era stata fino ad allora la direttrice artistica di Muccassassina. Che cambiamenti apportasti?
La svolta fu soprattutto dal punto di vista musicale. Era la metà dei primi anni 2000 e per l’Europa si andava diffondendo un tipo di musica alla “Circuit”, una specie di house-elettronica gay, ovvio che non esiste una musica gay ma erano dei remix che prendevano molto dalla pop. Allora a Mucca potevi scegliere tra due generi: o la commerciale tendente al trash o la techno, quindi anche due mondi che non avevano molto in comune. E questo portava anche un genere di pubblico per certi versi difficile. Quindi per invertire la rotta partimmo da una comunicazione diversa, con uno stile camp, conviti che di conseguenza, tra questo e una nuova direzione musicale, il pubblico sarebbe cambiato di conseguenza. Poi rimescolammo le sale, a quella più grande, solitamente destinata al pop, venne assegnata la house e iniziammo a ristrutturare il locale perché si sopravvive se ci si rinnova e se si riesce anche ad anticipare certe tendenze. Iniziammo quindi a chiamare dj di rilevanza internazionale e a far conoscere Mucca anche fuori Italia; mettemmo ancora più cura nell’allestimento, nelle scene, i costumi, nella scelta degli artisti. Prima la personalità di Vladimir catalizzava molto anche lo spettacolo, ora avevamo bisogno di bilanciare in un altro modo la sua assenza. Da lì poi abbiamo iniziato anche a portare il brand Mucca fuori: Germania, Brasile, UK, Spagna, Olanda… gli unici nel mondo lgbtqia+ (ma forse anche non solo) a fare questo.
In questi anni quali sono stati gli eventi più rappresentativi della tua direzione?
Sicuramente le feste del Pride. Molto belli i capodanni, le feste in onore delle Goggi, la Parisi, Amanda Lepore, l’Europride con Lady Gaga… tante davvero. Ho fatto un conto, da quando ci sono io, sono quasi 1000 feste organizzate. Poi mi piace ricordare che i migliori dj lgbtqia+ italiani che suonano nel mondo sono resident a Muccassassina: Meloni, Pagano, Romano, insomma un bel po’ di persone e questo è anche un modo di supportare le persone che appartengono alla comunità. Oggi Mucca è una macchina da guerra composta da un gruppo di base di circa 12 persone, il cast invece oscilla sui 40 tra artisti e performer, ed è un lavoro enorme. Per dare un’idea: molti club organizzano un party delle nostre dimensioni una volta al mese, noi lo facciamo quattro volte al mese.
Come è cambiato il contesto e il pubblico dal 2005 a oggi?
Penso ci sia stata una certa involuzione moraleggiante, dovuta anche ai social. Ti faccio un esempio: 12 anni fa non avrei avuto problemi a mettere sul palco una performace con artisti nudi, oggi non credo si potrebbe fare anche per via delle restrizioni che i social applicano ai contenuti e questo credo abbia condizionato anche il modo di percepire delle persone rendendole un po’ più moraliste. All’opposto però il nostro pubblico lo vedo molti più fluido rispetto ai miei primi anni, allora c’erano frizioni tra persone lgbtqia+ ed etero, adesso non più. Sono soprattutto felice di vedere di nuovo tanti giovani che per fortuna dopo il Covid sono tornati in massa ed è bello perché sono loro il futuro di qualsiasi club, sebbene ci siano persone di qualsiasi età e questa è una splendida alchimia, e un successo per noi.
Che rilevanza ha il fatto che Mucca nasca da un’associazione politica?
Per me è un valore aggiunto enorme, e vale la pena ricordarlo. I soldi che guadagna Mucca servono anche a finanziare molte delle sue attività politiche e sociali; dal un punto di vista del club ovviamente questo fatto limita la possibilità di reinvestire per rendere Mucca ancora più grande ma il valore etico è molto più importante, e va bene così.
Se potessi esprimere un desiderio per Mucca?
Penso dovrebbe avere un disco bar fisso, un locale aperto tutti i giorni, come in tutte le parti del mondo. Un luogo di aggregazione per la comunità. Un’altra cosa che mi piacerebbe poi realizzare è un documentario o forse addirittura anche un musical su Muccassassina.
Come vorresti venisse ricordata la Mucca di Diego?
Come una storia d’amore tra un attore e il mondo della notte. Assoluta, con alti e bassi, complessa ma bellissima, com’è l’amore vero.